Il monte Barigazzo è una bella montagna di oltre 1200 metri
nel nostro appennino parmense. Quello che caratterizza in modo netto questo
monte e che lo rende del tutto particolare sono le sue creste. La prima,
chiamata “cresta difficile”, è una affilata linea costruita come di mattoni che
scende verso valle. Spesso la larghezza della cresta è quella del piede, o di
un “mattone”.
È molto difficile percorrerla e occorre un passo estremamente
sicuro. Normalmente la si percorre in salita. Qualche tempo fa un biker
nostrano (Walter Belli) l’ha percorsa in discesa, realizzando un emozionante video, che mette
la pelle d’oca.https://www.youtube.com/watch?v=lwA7_q-k6DYL’altra cresta, detta “cresta facile” è un po’ più larga della precedente ed è facilmente percorribile a piedi, e la si può percorrere anche in mtb, stando molto attenti, con qualche passaggio di bici a mano. https://www.youtube.com/watch?v=JktBS9kw5i8
Sul Monte Barigazzo ci sono stato parecchie volte, quasi tutte in escursione pedestre, e una volta in bici col corso mtb CAI Parma.
Però tutte le volte che sono salito sul monte sono salito e sceso dalla medesima parte. Tante volte sono salito da Tosca, oppure dal versante di Pianelletto. L’ultima volta in escursione CAI Parma mtb siamo saliti da Pianelletto (partendo da sotto Bardi) e siamo rientrati dal medesimo versante percorrendo (con attenzione) la cresta facile. Siamo poi scesi per un bel sentiero nel bosco concludendo la via su una accidentatissima strada sassosa.
Flora ed io cominciamo allora a pensare ad una escursione
che giri intorno al massiccio montuoso del Barigazzo.
Consultando amici, e lavorando su internet trovo tutta una
serie di itinerari possibili. Valutando questo e quello, ne scelgo uno…
Ne scelgo uno e sbaglio clamorosamente a scegliere la
traccia di salita. Non do peso alla successione dei punti gps e quindi metto
come traccia di salita una classica via di discesa. Ma di questo me ne
accorgerò strada facendo.
Parliamo adesso della nostra avventura…
Parcheggiamo la nostra macchina vicino alla trattoria (la
barcaccia) nei pressi del ponte sul Ceno. Le operazioni di approntamento di mtb
e mtbikers sono tranquille ed un buon caffè ci prepara al meglio per l’impegno
ciclistico.
Partiti!
Pedaliamo un po’ su asfalto e ne approfittiamo per
scaldarci. Un po’ di falso piano e poi incominciamo a salire. La prima parte di
salita è su asfalto (l’avevamo già fatto col corso mtb del CAI Parma), poi la
svolta…
La traccia scaricata mi devia dal percorso classico e dopo
poco ci troviamo ad imboccare una bella carraia. Terreno in discrete condizioni
ma ben presto ci troviamo ad affrontare una serie di dure salite. E’ a questo
punto che mi sorge il dubbio di aver inserito nel tragitto un tracciato da fare
in discesa.
Beh…ora siamo qui e vediamo di saltarci fuori. Speriamo che
non sia lunghissimo. Le pendenze a volte sono davvero dure e spesso siamo
costretti a spingere le nostre bici. Ma il percorso ci porta a pedalare in un
castagneto davvero splendido. Flora si nasconde dentro il cavo di un castagno
secolare…L’escursionismo in mt comprende anche questi momenti di gioco.
Riprendiamo a pedalare. Ora il sentiero si fa meno duro e un bel trail fatto di
saliscendi simpatici nella frescura dell’ombra del bosco ci porta a tornare sul
percorso naturale di salita.Passiamo vicino a Venezia, e ci spunta un sorriso…
.Ne abbiamo fatta di strada, ma il mare dov’è? Ridacchiando in compagnia continuiamo a pedalare su comoda strada ora asfaltata, ora bianca, fino a Pianelletto.
Ci fermiamo un attimo alla fontana,
due foto allo splendido antico caseggiato e poi ripartiamo alla volta della cima del Monte Berigazzo. Non manca tanto. Una ripida strada bianca ci guida fino al “cancello” per accedere alla parte sommitale del monte. Quest’area è “parco” ed è decisamente vietata ai mezzi a motore. Per entrare dobbiamo passare i tornelli e fare qualche acrobazia con la bici…va bene così. Dall’altra parte del tornello un gruppo di cavalli ci guarda curioso…più che altro mirano ai nostri zaini.
Evidentemente sanno o sentono che negli zaini c’è roba da mangiare… Dobbiamo ripartire veloci per evitare che i cavalli mettano il naso dentro i nostri zainetti. Ora dobbiamo pedalare duro per l’ultimo strappo che porta in vetta.
Con fatica, tanta fatica pedaliamo per il ripido prato uscendo dal bosco di grandi faggi. Il prato sommitale ci accoglie volentieri.
OK, fino ad ora, grosso modo, il percorso era noto e
praticamente già pedalato in primavera, adesso ci dobbiamo cimentare nell’incognito.
A dire il vero il percorso fino a Città d’Umbria è conosciuto, ma l’abbiamo
sempre fatto a piedi, con molta tranquillità; farlo in bici, col terreno
fangoso, potrebbe rappresentare qualche qualcosa di diverso. Vedremo!
Intanto cominciamo a scendere la china. Come ci aveva fatto
soffrire in salita, la china si fa percorrere velocemente in discesa. Passiamo
accanto alla bella chiesetta e, prima per sentiero e poi per asfalto arriviamo
all’altro cancello. Altre acrobazie per far passare le bici dal tornello e poi
altra discesa su asfalto. Ma scendiamo poco. Un po’ più in là, la traccia ci
manda a sinistra in un ripida salitella che dobbiamo fare spingendo… .
Spingiamo poco, e cominciamo un trail curioso che mischia disceselle su fango a
ripide risalite. Ci districhiamo come meglio sappiamo in quel su e giù fra
fango e foglie.
Ora una bella discesa resa viscida dal fango ci fa divertire, ora una ripida risalita ci fa spingere i mezzi a due ruote con catena e pedali, con le scarpe che scivolano sull’umida terra nera. L’itinerario ci fa passare fra le due creste (quella facile e quella difficile, a fianco di una torbiera gracchiante di rane (licenza poetica…non è stagione di rane gracchianti) . Stupefacente il colore brillante della vegetazione esposta al sole. Dopo un’ultima dura salita iniziamo a scendere verso Città d’Umbria. Percorso abbastanza breve ma ricco di fango e pozze fangose.
La discesa si presenta insidiosa, ma riusciamo a finirla senza problema, ben sporchi….L’arrivo sotto il castelliere d’Umbria, ci propone l’attraversamento di una zona paludosa e fangosa. Di norma questa sito è luogo di torbiera millenaria.
Infatti gli antichi liguri (a cui si potrebbe attribuire la costrizione del castelliere appena rialzato fra giganteschi faggi ) si sono spostati in zona rialzata per le loro costruzioni.
In qualche modo riusciamo ad uscire dal fango. Poco più in la rientriamo in strada. Scendiamo verso Tosca? Nemmeno per sogno! La traccia malefica ci fa deviare subito sulla sinistra per carraia…ovviamente fangosa. Un altro divertente trail in saliscendi, poi, d’improvviso, una bella discesa dentro un isolato calanco. Si scende dentro un solco grigio chiaro, la sabbiolina quasi cementata si fa percorrere volentieri.
Poi quando riappare il verde ci troviamo a scendere lungo un antico ciottolato di pietre grosse e rade. Ma non sono li per caso….questa era sicuramente una strada antica. Siamo appena sopra Tosca.
Mi rendo conto che il tempo passa…e
noi avanziamo davvero lentamente. Ma il tempo regge, anche se in cielo si vanno
accumulando nuvoloni grassi e neri. Le previsioni erano assai ottimiste, ma in
montagna, non si sa mai…
Ora una bella discesa resa viscida dal fango ci fa divertire, ora una ripida risalita ci fa spingere i mezzi a due ruote con catena e pedali, con le scarpe che scivolano sull’umida terra nera. L’itinerario ci fa passare fra le due creste (quella facile e quella difficile, a fianco di una torbiera gracchiante di rane (licenza poetica…non è stagione di rane gracchianti) . Stupefacente il colore brillante della vegetazione esposta al sole. Dopo un’ultima dura salita iniziamo a scendere verso Città d’Umbria. Percorso abbastanza breve ma ricco di fango e pozze fangose.
La discesa si presenta insidiosa, ma riusciamo a finirla senza problema, ben sporchi….L’arrivo sotto il castelliere d’Umbria, ci propone l’attraversamento di una zona paludosa e fangosa. Di norma questa sito è luogo di torbiera millenaria.
Infatti gli antichi liguri (a cui si potrebbe attribuire la costrizione del castelliere appena rialzato fra giganteschi faggi ) si sono spostati in zona rialzata per le loro costruzioni.
In qualche modo riusciamo ad uscire dal fango. Poco più in la rientriamo in strada. Scendiamo verso Tosca? Nemmeno per sogno! La traccia malefica ci fa deviare subito sulla sinistra per carraia…ovviamente fangosa. Un altro divertente trail in saliscendi, poi, d’improvviso, una bella discesa dentro un isolato calanco. Si scende dentro un solco grigio chiaro, la sabbiolina quasi cementata si fa percorrere volentieri.
Poi quando riappare il verde ci troviamo a scendere lungo un antico ciottolato di pietre grosse e rade. Ma non sono li per caso….questa era sicuramente una strada antica. Siamo appena sopra Tosca.
Tosca resta sotto di noi mentre lasciamo per l’ennesima
volta la strada per imboccare l’ennesima carraia.
Ora dobbiamo ritornare nell’altra
valle e passare sotto il Pizzo d’Oca. Non so però quanto ci sarà da salire.
Intanto la carraia sale ripidissima e ci costringe a
spingere per l’ennesima volta. Lasciato un ultimo nucleo abitato ci spingiamo
avanti. La marcia è rallentata dal continuo fermarci per passare ampie pozze d’acqua
fangosa. Il Pizzo d’Oca è ancora la in fondo e non sappiamo quanta salita
dobbiamo fare.
Quando sembra iniziare la discesa, una nuova ripida risalita ci toglie la speranza di essere in vista dell’arrivo.
Quando sembra iniziare la discesa, una nuova ripida risalita ci toglie la speranza di essere in vista dell’arrivo.
A volte ci prende un po’ lo sconforto. Nonostante il
navigatore ci dica che manca poco….nonostante le mappe mostrino la nostra
posizione, spesso ci viene da domandarci: “ma dove siamo, dove stiamo andando a
finire?”
Finalmente arriviamo al passo e finalmente inizia la
discesa. La successione dei tratti in discesa è un susseguirsi di carraie
sassose assai infide a pietre sempre più smosse e sempre più grosse.
Le braccia soffrono il continuo vibrare del manubrio. Forcella e sospensione, pur morbidi, non riescono a compensare. Finalmente arriviamo in fondo. Con un ultimo tratto assai sconnesso finalmente arriviamo sull’asfalto. Non ci resta che pedalare fino alla macchina.
Le braccia soffrono il continuo vibrare del manubrio. Forcella e sospensione, pur morbidi, non riescono a compensare. Finalmente arriviamo in fondo. Con un ultimo tratto assai sconnesso finalmente arriviamo sull’asfalto. Non ci resta che pedalare fino alla macchina.
Ripassiamo il ponte e finalmente siamo davanti al bar
ristorante.
Carichiamo le bici sulla macchina
e poi ci sediamo al bar…un bel gelato, una birra e un caffè chiudono una giornata davvero faticosa
E' possibile visionare l'intero percorso ridotto in un filmato al seguente indirizzo:
https://www.youtube.com/watch?v=DBmvWC5X_Lc
e poi ci sediamo al bar…un bel gelato, una birra e un caffè chiudono una giornata davvero faticosa
E' possibile visionare l'intero percorso ridotto in un filmato al seguente indirizzo:
https://www.youtube.com/watch?v=DBmvWC5X_Lc
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