lunedì 1 agosto 2016

Passo Bordala, Malga Somator e il sentiero 624

Oggi 29 Settembre.....seduto in quel caffè, io non pensavo a te...
Comincia così una canzone famosissima di Lucio Battisti, degli anni in cui ero giovane (When I was young ...come diceva Jan Anderson in Aqualung...).
Ma Flora ed io difficilmente passiamo le mattinate al bar, davanti ad un caffè o ad un aperitivo. Preferiamo assaporare un panino in un rifugio con annesso caffè bollente. Magari il caffè non è così buono come al bar, ma fornisce piaceri di altra qualità.
Eravamo su a Folgaria ma le basse temperature di quei giorni ci hanno consigliato di abbassarci di quota e di scaldare le "penne" in luoghi più tiepidi. Così, col nostro "camperone" ci siamo spostati a Rovereto dove abbiamo trovato climi migliori per i nostri giri in bici.
Era il nostro ultimo giorno a disposizione per pedalare da quelle parti, verso sera saremmo dovuti partire per casa. Quindi abbiamo scaricato una traccia che ci permettesse di pedalare e rientrare in tempo per sistemare le nostre cose e rientrare a Salsomaggiore con tempistiche accettabili.
Il giro prescelto prevedeva l'ascesa a Patone con comodo rientro....
Flora ed io abbiamo il dannato vizio di non saperci accontentare, e quindi da cosa nasce cosa e spesso decidiamo di andare a vedere cosa c'è più in la e così via.....
Armati di navigatore e cartine partiamo dalla comoda area di sosta camper Quercia in Rovereto e raggiungiamo Villa Lagarina. Da qui raggiungiamo Nogaredo e vediamo che la traccia si infila in un gruppo di case. Pronti, via, sbaglio strada e mi ritrovo in un bel giardino di erbetta verde. Poi dietro uno spigolo intravvediamo una stradiola cementata. La traccia si infila li e anche noi. La cementata è veramente ripida e ci impegna davvero al limite.
 Sbuffando non poco usciamo dalla cementata ed entriamo su comodo asfalto in Pedersano. Qui vengo raggiunto da una telefonata assai lunga di un personaggio che mi chiedeva di organizzare, in quel di Tabiano Castello, un evento di Orienteering per 90 persone. Non sono riuscito a spiegargli a pieno che
 a) ero in bici e non ero in grado nell'immediato di dare delle risposte chiare,
b) essendo in pensione non potevo/volevo "lavorare" per motivi fiscali ecc ecc....
Dopo un bel pò riesco a liberarmi e con Flora ripartiamo in salita verso Castellano. Saliamo inizialmente per strada

Nonostante si pedali su asfalto la strada è bella, il traffico davvero poco ed educato, ed il paesaggio che possiamo ammirare è davvero notevole. Vigneti e frutteti si stendono a perdita d'occhio e la bellissima Val d'Adige, là in fondo, fa bella mostra di se. I profili dei monti a noi noti si stagliano contro un cielo azzurro e limpido. Dopo un pò abbandoniamo la strada principale e ci trasferiamo su una stradina che costeggia i vigneti.

Splendide rose poste all'inizio di ogni filare rallegrano ancor di più il già soave paesaggio.

Le rose non sono li per caso, è noto che la pianta di rose ha il potere di catalizzare su di se i parassiti della vite. Quindi un ottimo anticrittogamico biologico, naturale e anche molto bello. Il fatto di trovare rose fiorite a fine settembre, ci rallegra ulteriormente. 
Entriamo così nello splendido paesino di Castellano. Come dice già il nome, a Castellano c'è un castello. 
"Il Castello di Castellano, assieme a Castel Corno e a Castel Noarna, era sede vescovile di Trento e fungeva da protezione delle antiche strade in direzione del lago di Cei. In posizione panoramica, è visibile da tutto il fondovalle. Lo raggiungi in pochi minuti imboccando la provinciale n. 20 Villa Lagarina – Lago di Cei, nei pressi del casello autostradale di Rovereto Nord. Conquistato dai Castelbarco alla metà del XIII secolo, passò poi ai conti Lodron nel 1456, che lo trasformarono in una magnifica residenza. Il maniero è oggi proprietà della famiglia Miorandi di Castellano. La sua caratteristica più evidente è la lunga muraglia che discende il pendio fino alla Torre della Guardia. "
Curiosi come le scimmie Flora ed io entriamo nel grande cortile a dare una occhiata.








Appena fuori le mura del castello fa bella mostra di se una vecchia "machina da batar". Una di quelle macchine che popolarono anche le nostre aie durante i riti della mietitura. 

Affascinato dalla meccanica di questa vecchia macchina tutta pulegge e cinghie mi fermo ad ammirare, mentre nelle orecchie mi sembra di sentire il rumore degli organi in movimento, il vociare dei lavoranti alla macchina, e penso alla polvere che si sollevava nel cortile, e penso alle grandi feste che si facevano a fine mietitura. Mangiare, canti e balli.....
Flora mi richiama al pedale e ripartiamo.
Con poche pedalate usciamo da Castellano, abbandoniamo la strada ed entriamo in uno splendido sentiero nel bosco. 

Ogni tanto uno strappo cattivo ci mette a dura prova. Qua e la dobbiamo anche scendere di sella e spingere per qualche metro. Poco male. Poi saliamo di quota e pedaliamo in sentieri costeggiati da splendidi muretti a secco

Proseguiamo tranquilli guardandoci intorno . Il paesaggio è davvero ricco di colori . 
I primi colori rossastri delle foglie autunnali cominciano ad apparire sugli alberi. 
Seguendo la traccia del navigatore arriviamo ad un bivio. Noi, in teoria, per arrivare a Patone, dovremmo proseguire dritto, ma il segnavia che incontriamo ci indica (ammiccando) la via per passo Bordala e la Val di Gresta. Controlliamo l'orario, controlliamo lo stato delle gambe e con un semplice sguardo, decidiamo di salire a passo Bordala. Poi vedremo. 
Giriamo sul sentiero che subito si impenna in modo assai deciso. 


D'improvviso il bosco si apre per un momento, gli alberi lasciano posto ad un bel prato e ad una casa. Ci giunge netto il profumo di cucina, di quella buona....che fame. Si avvicina l'ora di pranzo e questo profumino ci "disturba" un pò. Presso la casa un gruppo di persone sedute ad un tavolo a chiacchierare mentre una "rezdora" prepara la tavola. Pensavamo di essere già arrivati al rifugio Bordala....errore.... E' solo una baita in mezzo ad un prato con gente allegra che si beve un bicchier di vino prima di pranzo. Saliamo ancora un pò nel bosco e con un ultimo sforzo arriviamo al rifugio Bordala. Purtroppo, visto il periodo, il rifugio è aperto solo il WE e il martedì non fa parte di tale periodo della settimana. Non ci rimane che far merenda con una barretta. Parcheggiamo le bici
 Intanto che consumiamo la barretta  ci godiamo il paesaggio. Sotto di noi la Val d'Adige e Rovereto.
Dopo la barretta d'ordinanza, consultiamo la cartina e saliamo in bici decisi ad arrivare almeno a Passo Bordala. Poi vedremo il da farsi.
La via ora diventa asfaltata e dopo essere passati accanto a qualche bella villetta ci ritroviamo sull'ampia strada della Val di Gresta. La percorriamo lentamente guardandoci intorno. Il paesaggio è davvero bello.

In breve arriviamo a Passo Bordala
Il tempo passa, quindi pensiamo di arrivare fino a Malgasomator, che dovrebbe essere aperta. Per bella strada tranquilla arriviamo alla Malga.
A Malga Somator ci accoglie clima mite davvero gradevole e la cosa è resa ancor più accattivante dalla calorosa festa che ci fanno i rifugisti e gli avventori li pervenuti. Ci sembra giusto regalarci un buon tagliere di salumi e formaggi con una bella birra da consumare rigorosamente al tiepido sole autunnale. I colori caldi di fine estate coronano la sosta .
Ma l'ora avanza inesorabile e dobbiamo rientrare. Di malavoglia risaliamo in sella e cominciamo le operazioni di discesa. Dalla carta escursionistica abbiamo rilevato che c'è un sentiero (il 624) che raggiunge Patone, rimettendoci sulla retta via. Non abbiamo voglia di scendere per la medesima via di salita...quindi ....proviamo. Mal che vada, se il sentiero si rivelasse davvero ostico, scenderemmo a piedi con bici a spinta. Questo collegamento, sempre sulla carta, non ci sembra eccessivamente lungo e quindi...lo affrontiamo.
Per un breve tratto torniamo indietro su asfalto e poi ci infiliamo sul sentiero di cui sopra. Ci confortano chiare segnaletiche biancorosse CAI.
La prima parte di sentiero è davvero comoda, ampia e scorrevole e ci godiamo la veloce discesa.
Ci fermiamo un attimo a vestirci un pò. In discesa, nel bosco, l'aria, assai piacevole in salita, diventa di un fresco quasi pungente. Non vorremmo far fare una brutta fine al panino appena allegramente consumato, quindi indossiamo qualcosa di termicamente più adatto. Il sentiero continua largo con ampie curve per un bel tratto, e noi lasciamo correre le nostre ruote veloci sul piacevole sterrato.
Ci troviamo presto ad un bivio: la strada ampia prosegue e si butta nel fitto bosco, mentre il sentiero, sempre ben segnalato d'improvviso si stringe tuffandosi decisamente verso il basso. Con la cartina del navigatore provo a controllare dove porta la strada più ampia, ma non riesco a individuarne il percorso. Per non saper nè leggere, nè scrivere, decidiamo di scendere lungo la via segnalata.
Ed ecco che il sentiero 624 diventa davvero un sentiero. 
Le pendenze aumentano rapidamente, il sentiero si stringe parecchio e la discesa procede a piccoli gradini spesso costellati di pietre smosse oppure è necessario fare un pò di slalom fra i grossi sassi che spuntano lungo la via. Il manto di foglie secche già presenti sul sentiero costringono i bikers ad immaginare il fondo reale  della via. Il resto lo lasciamo fare alle nostre forcelle.  In qualche punto la larghezza davvero esigua del sentiero e l'altezza dei gradini ci consigliano qualche passaggio di bici a mano. 
Con qualche difficoltà, ma con grande divertimento ed emozione continuiamo l'ardua discesa. Flora mi segue senza patemi d'animo, e la cosa mi tranquillizza. Per non stancarci troppo e scendere sempre in sicurezza ogni tanto ci fermiamo a riposare. Poi via per un nuovo tratto. Il sentiero entra nel bosco fitto, la via da seguire è difficile da localizzare e mi sembra di aver perso la segnaletica. Mi fermo e aspetto Flora, che scendendo un pò più lenta è riuscita a tenere una traccia migliore. Me la vedo passare a fianco sulla costa più alta del canale dove mi sono infilato. 
Riguardando le immagini mi rendo conto delle reali pendenze del sentiero. Niente male. Sono contento della grinta di Flora nella parte difficile della discesa. Rinfrancato ritorno sulla retta via e continuo la discesa. Il percorso per un attimo esce dal bosco e, per un attimo diventa meno ostico, il fondo è meno sporco e ci sembra quasi il selciato di una vecchia via di comunicazione adatta a muli e piccoli carretti. Dura poco!
Dopo pochi metri di parziale relax, in un mezzo tornante, la via torna a farsi ripida e irta di ostacoli. Riesco in qualche modo a superarne alcuni, poi, vedendo troppo rischio, mi fermo contro un grosso sasso e scendo. Guardandomi indietro capisco le difficoltà.
Ho giusto il tempo di avvertire Flora del cambiamento delle condizioni di discesa. 
In questo tratto il sentiero si fa assai sporco
Anche se il sentiero è un pò più largo di prima si scende lenti. Parecchi rami di diversa dimensione sono sparsi per ogni dove. Il timore di rompere qualcosa o di trovarsi le ruote bloccate dal legno ci fa guardinghi e timorosi. 
Nuovamente il sentiero si stringe e si incanala in un qualcosa che sembra una via d'acqua. 
Più che in un sentiero ci sembra di scendere lungo un piccolo torrentello. Sassi smossi e legna, e gradini improvvisi ci mettono duramente alla prova. In un paio d'occasioni non mi fido e per timore di danneggiare la mia leggerissima Scalpel scendo e passo a piedi. Flora più baldanzosa passa tranquilla. 
Con un ultimo tratto fra esuberante e lussureggiante verzura, comprensiva di ortiche e qualche rovo il sentiero termina e si allarga nel sole più caldo della quota più bassa.

Ben presto ci ritroviamo a contatto con "la civiltà" . Costeggiamo degli orti e ad un contadino, curvo sulla zappa chiediamo info sulla nostra direzione. Divertito, l'uomo ci conferma la bontà della nostra direzione. Scendiamo lungo una stradiola abbastanza rovinata fra vigneti ormai spogli.
Scendendo tre gradoni arriviamo in centro a Patone
Solo a questo punto mi accorgo di avere il pulsante che inserisce la forcella in posizione di bloccato.
Riguardando le immagini del filmato mi accorgo che ho fatto tutto il sentiero a forcella bloccata. Ora...che la mia 29er sia veramente ottima lo sapevo, ma non avrei mai immaginato che mi permettesse di scendere su quei sassi in quel modo...una cosa però è sicura...la forcella non si è divertita e con ogni probabilità si è anche danneggiata. Pazienza...la farò manutenzionare...
Pedaliamo finalmente rilassati per il piccolo borgo
Un pò per strada un pò percorrendo antichi stradelli 
Arriviamo in fondo valle e ci immettiamo sulla bella e comoda ciclabile per Rovereto
Lungo l'Adige la temperatura è assai più calda che in quota e ci concediamo una sosta per svestire le giacche termiche. Poi lungo la stupenda ciclabile rientriamo alla base.
 Il "camperone" ci attende. Giusto il tempo di caricare le bici e prendiamo la via di casa.

Nell'occasione ho fatto delle riprese con la fedele GOPRO, e ho montato un piccolo filamto che racconta la nostra giornata in Trentino.
E' possibile vedere il filmto al seguente indirizzo:
https://www.youtube.com/watch?v=tDJkklk2Snw

lunedì 29 febbraio 2016

Monte Caplone (esc CAI Parma mtb)

Flora ed io siamo stati incerti fino all'ultimo se partecipare o meno all'escursione CAI al monte Caplone. Difficoltà e dislivelli citati nella locandina di presentazione facevano presagire tanta fatica in salita e impegno notevole in discesa.

Pensa e ripensa, poi viste le stupende previsioni del tempo decidiamo di partecipare. In qualità di aspirante accompagnatore CAI dovrò anche collaborare con gli altri accompagnatori a seguire il gruppo di bikers che si impegnerà su questo bel percorso. Ci ritroviamo al Forte D'Ampola.





Forte Ampola venne realizzato nel 1861, poco sopra Storo, in una stretta gola, a sbarramento della valle. Il forte era armato con due cannoni che battevano la strada. La guarnigione era costituita da circa 4 ufficiali e 200 soldati.

Durante la guerra di indipendenza del 1866 il forte, difeso dalla Compagnia dei Cacciatori Tirolesi, venne assediato dalle truppe garibaldine e più volte bombardato. Si arrese il 19 luglio lasciando ai garibaldini via libera verso Bezzecca.

Il forte venne definitivamente demolito nel 1875.

Riunito tutto il gruppo partiamo in bella fila indiana lungo la strada che sale verso Ledro. Dopo pochi metri la compagnia lascia la strada principale e si infila nella strettissima Val Lorina. Lo spettacolo offerto da questa stretta valle è davvero stupendo. La strada ancora asfaltata serpeggia in una gola incredibile a fianco di uno spumeggiante torrente.
Quando i gruppi sono numerosi, purtroppo, la possibilità che si verifichino guasti meccanici lungo la via è davvero alta. La statistica non si smentisce. Dopo poco un amico denuncia una foratura (problema risolto in brevissimo tempo) e di seguito un altro avverte un curioso strisciare metallico accanto al movimento centrale. Ci fermiamo per dare una mano, ma la vite allentata è raggiungibile solamente smontando le corone.
Questa operazione richiede un attrezzo che purtroppo non abbiamo con noi. Il nostro amico è costretto ad abbandonare la escursione e torna indietro con il suo compagno di viaggio in auto.
sapremo poi che hanno raggiunto velocemente una officina e hanno risolto il problema..
Questo disguido ci fa perdere tempo. Il grosso del gruppo è andato avanti e noi ci affanniamo sui pedali per raggiungerli senza farli aspettare troppo. 
Attraversato un bel guado la strada diventa una ripida cementata e progrediamo con fatica. Sappiamo di avere davanti un tratto davvero impegnativo. 
Dopo i duri strappi su cemento la via ci concede un momento di tregua e proseguiamo su ghiaia. Si respira un pò, ma è sempre dura.



Ora il gruppo compatto viaggia nella bella valle. Quattro chiacchiere distolgono il pensiero dalla strada che pare essere (pare e basta) più dolce.


La temperatura e il l'insolazione crescono, ma noi viaggiamo all'ombra della fresca valle e riusciamo a difenderci egregiamente. Una sosta per rifiatare è provvidenziale. Ora dobbiamo abbandonare la strada ed avventurarci in un trail boschivo. Saliamo per qualche metro spingendo le bici
e poi scendiamo per un simpatico tracciolino nel bosco.
Ci Voleva! Ci godiamo in pieno il veloce single track e il successivo falso piano nel bosco fra felci e frescura, perchè subito dopo, come da previsioni si ricomincia a salire e anche duramente. Pedala pedala abbandoniamo la strada bianca e percorriamo un leggero tratto in falso piano asfaltato. Rallentiamo l'andatura e ne approfittiamo per ricompattare il gruppo e per una piccola sosta rifocillatrice. Ma c'è chi trova da divertirsi e "giocare" un pò con la bici. 

 E si ricomincia spingendo sui pedali. La salita si fa dura e si fatica non poco. Fortunatamente il paesaggio ci viene in aiuto. La strada che stiamo percorrendo era una via di rifornimento alle postazioni militari della Grande Guerra e ci propone una delle caratteristiche principali di questo genere di viabilità:le gallerie.
Ci stiamo alzando rapidamente di quota.
La strada militare, pur bella e ben tenuta è comunque cosparsa di ghiaia di diverse dimensioni, da sotto escono le pietre del fondo antico e ci fa soffrire nella progressione.
Aumentando la quota si dirada il bosco e lo sguardo riesce a spaziare in largo, il panorama che ora possiamo ammirare è davvero incredibile.


 Approfittiamo di un'ampia curva per una sosta di carattere fotografico. Il panorama merita ben più di una breve sosta. Ma facciamo tesoro di tutto. La compagnia è allegra il tempo è ottimo e anche se siamo in ritardo sulla tabella di marcia nessuno si preoccupa o protesta.
Si sale ancora con fatica ma con decisione, si sale ancora mentre il bosco lascia sempre più il posto al prato e al pascolo. Le rocce risaltano maggiormente mentre il sole comincia a picchiare decisamente sui nostri caschi. Meno male che il sole è quello settembrino, caldo ma non soffocante, non abbagliante. Le ombre sono più lunghe e la temperatura è estremamente gradevole. Siamo sopra i 1700 metri quando arriviamo a Bocca Cablone.
Arrivando a Bocca Cablone arriviamo anche in "zona di guerra". Chiaramente si parla di Grande Guerra. Questo zona, inizialmente zona di confine fra il Regno d'Italia e Impero Austroungarico, nei primi giorni di guerra fu abbandonata dai difensori che si arroccarono su posizione meglio difendibili, e conquistata dai fanti italiani in rapido avanzamento. Le testimonianze in merito iniziamo a vederle quasi subito.
Il panorama si fa sempre più accattivante e lo sguardo ora si stende sulla sottostante Valvestino fino al lago diu Garda che fa capolino sul fondo. Viaggiamo ora su una vecchia strada militare della Grande Guerra che ci porta a pedalare in leggero falsopiano fino a Malga Tombea.











Il bel falsopiano ci fa arrivare in tranquillità fino a Malga Tombea. Sopra di noi Cima Tombea. Su questa cima si trovano parecchi manufatti difensivi costruiti dalle truppe italiane durante la Grande Guerra. Per notizie più dettagliate: 
Sopra Malga Tombea si riunisce il gruppo che si era un pò sfilacciato lungo la strada. Il paesaggio è talmente bello che non si può fare a meno di soffermarsi a guardare e fotografare. La giornata è metereologicamente propizia e vale la pena di godere della compagnia e del panorama davvero coinvolgente.
Da malga Tombea iniziamo ad affrontare lo strappo in salita che ci porterà fino a Bocca di Campei a 1822 m, proprio sotto la cima del monte Caplone. La strada ora aumenta in pendenza, si fa dimensionalmente più stretta e a strapiombo sulla vallata. Il fondo è più sconnesso e i sassi smossi sono tanti e di dimensioni notevoli. La pedalata si fa più difficoltosa e, in alcuni passaggi è consigliabile scendere e passare con bici a mano. Un errore potrebbe costare troppo caro. Con la scusa del passaggio a mano ci si ferma un attimo, si tira il fiato e si approfitta del momento per scattare qualche altra foto.


Non dimentichiamo che siamo su una vecchia strada militare. Questa era stata ricavata nella roccia per portare truppe e rifornimenti alle prime linee. Ovviamente la strada doveva arrivare il più vicino possibile alle postazioni e correre il più protetto possibile ai tiri dell'artiglieria nemica. Ecco quindi che la via è scavata sul fianco della montagna e spesso ci si trova di fronte a bellissime gallerie.  
Con ultimo strappo fra si sassi arriviamo a Bocca di Campei, sotto la cima del Monte Caplone.





Un attimo di sosta, un paio di morsi ad una barretta, e poi alcuni volonterosi partono alla volta della cima del Caplone 1967m.
Per arrivare in vetta ci sono una 20ina di minuti di portage abbastanza tosto.
Alcuni passaggi su roccette erte e strette ci mettono alla prova.
ma la cima del monte è ormai in vista e lo sforzo finale è mitigato dalla splendida vista a 360° che la bella giornata sa offrire. Un ultimo sforzo e depositiamo le bici in vetta. Poi qualche minuto di riposo per le foto di rito.


Con una giornata così bella la voglia di fermarsi sulla vetta del monte Caplone. Ci guardiamo intorno davvero entusiasti, lo spettacolo è incredibile 



Il monte Caplone (detto anche monte Cablone, Cima del Palù o Cima delle Guardie) è una montagna delle Prealpi Bresciane e Gardesane e con i suoi 1976 metri è la vetta più alta del Parco Alto Garda Bresciano. Situato nel territorio comunale di Magasa, sovrasta gli abitati della val Vestino, e delimita il confine tra la provincia di Brescia e quella di Trento. Il toponimo Caplone, secondo alcuni, deriverebbe da un termine sconosciuto risalente alla dominazione dei Galli Cenomani mentre quello di Cima delle Guardie o Guardie riportato nelle carta geografica relativa alla contea di Lodrone del 1700, nell'Atlas Tyrolensis del cartografo Peter Anich, stampato a Vienna nel 1774, o nel catasto tirolese del 1800, ove il monte veniva indicato solamente come monte Guarde, è di chiara etimologia longobarda. Infatti deriverebbe, come il monte Carzen, dalla parola "wurte" che indica un luogo di osservazione o di guardia. La sommità del monte si prestava come luogo strategico per quei soldati che erano intenzionati a controllare movimenti nemici nella val Vestino anche se lo sguardo spazia fino oltre la parte sud del lago di Garda.

Il toponimo Palù è invece un termine assai diffuso nel nord Italia e deriva dal latino "palus" che significa palude o zona umida ma il che non si addice al rilievo brullo e impervio se non per indicare la presenza sui suoi versanti di acqua di sorgente. Nel luglio del 1866 durante la terza guerra di indipendenza fu scalato dai garibaldini del 2º Reggimento Volontari Italiani intenti all'assedio del Forte d'Ampola.

La posizione strategica del Monte costituì, tra il 1897 e il 1914, un punto di osservazione e controllo del confine di stato per le "sezioni di difesa" del III Battaglione, stanziato a Storo, del 2º Reggimento k.k. Landesschützen "Bozen" dell'esercito imperiale austriaco 2º Reggimento k.k. Landesschützen "Bozen".

Nel 1915, nella prima guerra mondiale, fu dapprima scalato e occupato dal 7º Reggimento bersaglieri e poi fortificato dall'esercito italiano con la costruzione della carrozzabile Tombea-Val Lorina, trincee e posti di osservazione.
La Valle di Ledro è sempre stata via di comunicazione tra Brescia e il Garda, per i commerci così come per gli eserciti. Per questo motivo, a partire dal 1859, lo Stato Maggiore austriaco cominciò a progettarne lo sbarramento. 

E' il momento di iniziare le operazioni di rientro. Il resto del gruppo ci aspetta ai piedi della cima un pò più in la di bocca dei Campei. In fila indiani scendiamo per un bel sentierino fra erba alta e sassi.


Ci riuniamo al resto del gruppo e cominciamo a scendere verso bocca Lorina per la vecchia strada militare che si congiunge col passo Tremalzo...molto più in la. 

Sulla via sono ancora tanti i segni lasciati dai fanti italiani.

Una profonda galleria per ricovero soldati o deposito munizioni per artiglieria. Il Sito assai defilato dal tiro nemico era ideale per questi scopi. Non c'è tempo per mettersi a studiare o cercare altre postazioni. Cominciamo a scendere lungo la bella via inghiaiata. L'attenzione deve essere molto alta. La strada non è difficile e le pendenze sono discretamente tranquille, ma la via è diventata stretta e il fondo è abbastanza sconnesso. Un errore potrebbe significare un bel ruzzolone nella scarpata. Lungo tornanti successivi la comitiva scende velocemente verso Bocca Lorina.
Lungo la stretta traccia scendiamo veloci, uno sguardo alla strada, uno sguardo al panorama. Qualcuno di noi, armato di protezioni taglia i tornanti lungo una esile tracciola. 





Dopo gli stretti tornanti la vecchia strada si allarga. Ci stiamo abbassando rapidamente di quota e pian piano rientriamo nel bosco.
L'aria si rinfresca un pò dando sollievo alla pelle decisamente scaldata dal sole. Ogni tanto la strada ci riporta col pensiero alla Grande Guerra. Sono ben visibili lungo il cammino i lavori eseguiti a suon di perforatrici per aprirsi la via nella roccia.
 
Le perforatrici dei nostri soldati (zappatori e genieri) hanno lavorato assai di più poco più in la. Infatti poco oltre ci ritroviamo a passare alcune gallerie davvero suggestive. Un paio sono anche abbastanza lunghe.
Dimensionalmente sono larghe a sufficienza per lasciare passare i trasporti a dorso di mulo e qualche piccolo carro.
Ma sappiamo bene quanto riuscivano a trasportare i generosi quadrupedi.
Quello che non si trasportava a dorso di mulo veniva caricato su ardite teleferiche. Con questo tipo di trasporto il materiale poteva compiere diversi chilometri e coprire dislivelli davvero importanti in pochissimo tempo. Quando non si poteva usare nè la teleferica nè il generoso mulo allora...le braccia dei soldati sopperivano brillantemente.
Le gallerie sono piuttosto ravvicinate e sono davvero belle. Qualche tratto crollato rende ancora più affascinanti queste opere di ingegneria bellica


L'ultima galleria è quella più lunga. Devo rallentare molto, per qualche istante non vedo assolutamente dove sto mettendo le ruote. Il fondo buio e la luce dell'uscita, la in fondo, mi precludono la visuale. Devo assolutamente fidarmi delle mie ruote e della bici, devo guidare in modo "felpato"per veitare che eventuali piccoli ostacoli mi procurino guai. Il buio è sempre un brutto cliente, in bici più che mai. Siamo troppo abituati a fidarci della vista e utilizziamo pochissimo gli altri sensi per la percezione. Comunque sia anche questa volta si passa indenni

A Bocca Lorina lasciamo la vecchia strada militare e risaliamo duramente nel bosco. Un pò si pedala, un pò si spinge, e arriviamo fino al passo Valesina.
Ora inizia il tratto tecnicamente più difficile della giornata. Dobbiamo scende in un bosco piuttosto ripido e ricco di gradini. Il sentiero poi spesso è molto stretto ed è difficile da interpretare. Pian piano il gruppo comincia a scendere. Ben sgranati ma senza perderci di vista percorriamo il divertente single track in discesa.


Ovviamente in queste situazioni il gruppo tende a sgranarsi, quindi ogni tanto ci si ferma per stabilire i contatti radio con gli altri accompagnatori e quando serve riunire il gruppo.
Poi nuovamente giù verso valle divertendoci parecchio.



Nell'ultimo tratto di bosco la pendenza aumenta ancora ed è necessario impegnarsi a fondo per non far scivolare le ruote sul brecciolino insidioso




Dopo questa emozionante discesa arriviamo a malga Vallesina dove il gruppo sosta un attimo e si riunisce prima della discesa finale


iniziamo poi una lunga e rilassante discesa su ampia strada bianca e poi asfaltata che arriva ad essere la medesima della prima parte di salita. Scendendo, senza l'assillo della fatica per spingere sui pedali, con l'animo rilassato dalla bella giornata, la valle, ora illuminata dal sole, ci appare ancora più bella e suggestiva. Le nostre ruote corrono veloci sulla tranquilla discesa e ben presto siamo alle auto presso il forte d'Ampola. Carichiamo le bici in macchina e poi....
ci godiamo un bel bagno nelle gelide acque della cascatella dietro il forte....

Questo è il racconto della meravigliosa giornata trascorsa in ottima compagnia con tempo stupendo sui monti dell'alto Garda Bresciano al confine con il Trentino.
Per chi avesse voglia e pazienza può visionare anche il filmato che ho realizzato nell'occasione.
Lo può vedere cliccando sul seguente indirizzo: