giovedì 18 settembre 2014

Navert Adventures

Il monte Navért (o Navert) è una montagna dell'Appennino parmense al confine tra i comuni di Corniglio e di Monchio delle Corti, con un'altitudine di 1.654 metri s.l.m.. È uno spartiacque tra la Val Parma a ovest, la Val Bratica a nord e la Val Cedra a est.
Si trova al disopra del passo della Colla (1.474 m), che collega Corniglio con Monchio delle Corti.
Dal versante nord nasce il torrente Bratica, che dopo circa 14 km sfocia nel Parma, poco a nord di Corniglio.
Proprio davanti al Navert si erge il monte  Rocca Pumacciolo e il Pumaccioletto. Appena più in la il crinale che fa da spartiacque tra l’Emilia e la Toscana. Di la il Mare e spostate le Alpi Apuane.

Da come era cominciata, si doveva capire subito che “non era giornata”,,ed era meglio fermarsi  in osteria e tirar sera mangiando, bevendo e cantando…
Da come è finita direi che, grazie a Dio, è andato tutto bene, e alla fine ci siamo anche divertiti…
E’ stato un bel giro, anche se più faticoso del previsto, e c’è stato qualche inconveniente…
Il Navert ha mantenuto le promesse, ci avevano detto che era un bel giro…e se si guarda il giro in se è stato davvero bello e spettacolare. Qualche momento di dura salita, qualche momento di discesa tecnica…qualche momento di orienteering (non sempre andato a buon fine).

C’era stato tutto un giro di mail e di telefonate con i ragazzi del CAI di Parma, e alla fine si era aggiunto anche mio fratello…
Al bar a Pilastro oltre a Flora e al sottoscritto, ci siamo trovati con Daniela, Sara, Melissa e il buon Duccio. Di mio fratello si è già detto…
Non c’è stato bisogno di presentazioni, in quanto Danilo si è presentato in piena autonomia prima ancora che Flora ed io arrivassimo all’appuntamento.
Prima di partire, Danilo mi annuncia che ha dei seri problemi alla macchina….”Comincium ben”
Gli chiedo se vuole venire su con noi…c’è un po’ di trambusto nel sistemare le bici ma si dovrebbe riuscire…
Serafico asserisce : “ce la dovrei fare”..
Così la piccola colonna mtbmunita parte da Pilastro alla volta di Corniglio.
Alcuni automobilisti non proprio velocissimi, ci rallentano parecchio sulla strada montana, ma, alla fine arriviamo al Centro Parco di Corniglio, dove rapidamente prepariamo mtb e bikers.
Accendo il navigatore e comincio a seguire la traccia. La primissima parte di percorso è tutta dentro il bosco alla destra della strada che mena al passo del Ticchiano. Una bellissima serie di saliscendi nel bosco fresco.
La truppa, in fila ordinata, avanza allegra. Arriviamo sulla strada del Ticchiano che percorriamo tranqulillamente sotto un bel sole che scalda le nostre membra.
Poi a Sivizzo, giriamo in mezzo al bel borgo in pietra e ci dirigiamo verso il cimitero. Non è una bella direzione…ma il sentiero va di la…
Appena passato il camposanto il sentiero inizia una bella discesa. In bella fila il gruppetto, scende velocemente sul sentiero leggermente sconnesso.
Ora pedaliamo nel bosco al fresco della rugiada ancora ben presente sull’erba. Guadiamo un paio di piccoli rigagnoli bagando bici e gambe. Ora una robusta salita sulla terra ancora umida. A qualcuno scivolano le ruote, ma non fa niente, saliamo tutti  in allegria.
Usciamo ed entriamo dal bosco…
Tutto sembra andare benissimo, quando…
Ero ormai sul colmo di una salita quando sento Flora che mi chiama a gran voce…
Sbuffando torno indietro di qualche metro….
“Danilo ha un problema” vocia Flora da la sotto….
Scendo veloce e quello che si presenta ai miei occhi mi manda in agitazione.
La catena di Danilo è un bel nodo da alpinismo e nel mezzo c’è il cambio posteriore.
Ha rotto il forcellino. Gli chiedo se ne ha uno di ricambio….
Davanti alla sua faccia stranita capisco che non ce l’ha….
Chiedo a Melissa che ha una bici uguale…ce l’ha….a casa…
Tombola!
Cosa facciamo? Siamo a 2 o 3 km da Corniglio… Decisione presa velocemente…smaglio la catena, libero il cambio e con il nastro isolante di Duccio lo fisso alla forcella posteriore…ora la bici può essere spinta in salita e può correre in discesa… Danilo a malincuore ci lascia e rientra alla macchina…Se non fossimo così vicini…se Danilo non fosse un fidato e bravo escursionista, non lo lascerei andare solo…
Ci salutiamo e sono triste mentre il fratellino si incammina…
Il gruppo per un attimo in silenzio riparte…
Mentre la favella ritorna mi ritrovo davanti un nuovo problema…
Il sentiero è sbarrato da una frana davvero grande e apparentemente recentissima…

Do una occhiata rapida e valuto che si possa passare senza troppe problematiche.
Parto con la bici a traino cercando la via migliore per arrivare di la…
Non è proprio così facile. Molti massi sono poco stabili e si muovono sotto i miei piedi. I tacchetti per l’attacco spd scivolano sulle rocce rese viscide dall’umidità del bosco…
Porto la mia Scott al sicuro e aiuto Daniela a portare la sua. Poi risalgo sui sassi e aiuto Duccio, Melissa, Sara e Flora allo scavalcamento. Più rimango sulla frana e più mi preoccupo e penso che non sia stata una gran cosa attraversarla…Sopra di noi dalla costa della montagna c’è parecchia roba ancora appesa…e sotto i nostri piedi si muove troppa roba…
Ma ormai siamo passati, è fatta…
Anzi ci facciamo una bella foto di gruppo…e ripartiamo….

Con la testa che vagola da qualche parti mi avvio prima degli altri per vedere se avanti a noi ci sono altre sorprese….
Guardo il navigatore, la strada scende leggermente, accendo la Gopro, e mentre riappoggio la mano sul manubrio, un sasso (probabilmente) maligno, mi toglie l’appoggio e…non c’è speranza, vado per terra…
Una “strenga” orrenda sul casco…e mi sento il collo indolenzito. Mi rialzo in fretta e comincio a riassettarmi. Sono frastornato…
Intanto arrivano gli altri…Flora vede il mio navigatore sul sentiero…mi chiede cosa sia successo…
Niente, sono caduto….
Per non fare preoccupare Flora, ma anche gli altri, faccio finta di niente, mi rimetto in sella e riparto. Sembra tutto ok, al netto del mal di collo, ma non sembra niente di serio. Non mi gira la testa. Scombussolato, ma sembra tutto ok…
Pedalando pedalando arriviamo alla località di Casalino e iniziamo la risalita verso Casarola e Riana..
Gli inconvenienti fin’ora capitati ci hanno fatto perdere tanto tempo, abbiamo fatto pochissima strada ed è ancora tutto da fare. Considerando che la salita verso il Navert è ancora tutta da pedalare, non andiamo molto bene… Sono  da solo, qualche metro  davanti al gruppo. Sono solo col mio collo, dietro sento chiacchierare Flora con le altre ragazze, e la limpida voce di Sara che è sempre incredibilmente positiva ed allegra. La cosa mi da fiducia e mi incentiva parecchio.
Passiamo nel bosco di castagni dove ci sono i “metati” restaurati e resi abitabili (su richiesta). Siamo alle porte di Casarola.
La traccia mi porterebbe ancora nel bosco…ma per velocizzare le cose attraverso Casarola e vado direttamente verso Riana.
I borghi in pietra sono sempre bellissimi e andrebbero maggiormente valorizzati.
I luoghi del poeta Attilio Bertolucci sono affascinanti e coinvolgenti.
Ora comincia la salita vera e propria verso il Navert.
Nel frattempo mi arriva una chiamata di Danilo (che sta andando verso casa). Preoccupato mi dice che nella concitazione del guasto al forcellino ha perso il navigatore…Tombola!!!
Siamo ormai lontani da Sivizzo….tornerò alla fine dell’escursione a cercarlo…o torneremo domani insieme….
Ma porca l’oca!!!
Fa niente…le voci di Flora e Sara, sempre allegre mi confortano e mi spingono ad andare avanti.
Più silenziosa Melissa…più riflessiva Daniela….Duccio, una presenza logica e rassicurante.
Siamo su una strada bianca piuttosto comoda, che sale dolce dolce verso la montagna che è ancora la in fondo.

Incontriamo una anziana signora che è stata a funghi… dice di non aver trovato un gran che…
Forse si riferisce ai porcini…perché nella borsa di roba ce n’è, non poca. Probabilmente sono funghi di minor valore e/o bontà. Chiacchieriamo un po’, ci racconta di figli e nipoti e ci dice che la strada è dura e brutta….comincia a predire che non arriveremo ecc..ecc…
Scopriamo che abita a Medesano….Salutiamo e andiamo abbiamo tanta strada da fare…
I chilometri sono assai lunghi, ma passano.
Passiamo davanti ad un faggio secolare (la Fagia ‘d Togno)
D’improvviso usciamo dal bosco e ci troviamo su un bel crinaletto. La strada bianca finisce e si trasforma in una bella carrareccia… Siamo sopra i 1400 metri e lo sguardo spazia sulle vallate circostanti. Le nuvole che vanno e vengono danno una grande vivacità all’ambiente.

Sulla salita che porta a Pian del monte, una volpe stupenda, pochi metri davanti alle mie ruote , attraversa il sentiero…stupenda…una coda bella gonfia, lunga…andatura felpata…da volpe…
Sono visioni che danno coraggio e allegria.
Continuiamo a pedalare con vigore sul sentiero che ora si arma di pendenze prepotenti…
Arriviamo a Pian del Monte..   
Una bella spianata, con rari faggi e una grossa pozza nel mezzo….

Ancora qualche metro e poi… poi ci ritroviamo davanti ad uno spiazzo nel bosco dove non distinguiamo sentieri pedalabili…La traccia mi manda dritto…verso al verticale …ci sono i segni CAI. Vado avanti da solo, per verificare la correttezza della traccia… proprio così… si va su dritti…C’è poco da fare, bici in spalla e su…Un bel portage…
Pochi minuti, poca strada…ma dura.

Saliamo sbuffando, ci fermiamo un attimo a tirare il fiato. Ne approfitto per scattare quache foto ai faggi  di crinale. Sono contorti come anime in pena. Argentati, piegati dal vento, resistono comunque ancorati al terreno. Sono alberi bellissimi, sembra abbiano un’anima…sembrano parlarti con le pieghe del tronco.

Ora il sentiero scende un attimo prima dell’ultimo strappo.
Lo stupendo slalom fra i faggi in discesa dura poco.
Il single track si impenna cattivo e ci costringe ancora a spingere. Lasciamo passare un motociclista che forte sel suo motore sale agile…guastando tutta l’atmosfera.
E’ una cosa ben strana….che nell’area del Parco dei 100 laghi si possa girare in moto, o peggio (come abbiamo visto sotto) in fuori strada o quad…
Usciamo dagli ultimi faggi ed entraiamo nello splendido prato sommitale…il posto lo riconosco bene…
Pedaliamo gli ultimi metri emozionati come bimbi…
Finalmente in vetta.
Davanti a noi lo stupendo spartiacque appenninico. Riconosco ad uno tutti i monti che hanno visto le mie prime uscite di escursionista con la mitica APEA (associazione periti escursionisti e aggregati). Laggiù il Sillara dove sono stato mille volte con l’amico Rodolfo con gli sci.
Ora sono qui con la mia mtb, con la moglie e con un gruppo di amici…nuova vita, nuove avventure da raccontare.
Quanti ricordi ed emozioni suscita questo meraviglioso colpo d’occhio….
 Scattiamo alcune foto ricordo,
scendiamo di qualche metro per metterci a riparo dall’aria fresca e provvediamo a mettere qualcosa nello stomaco.

Nuvoloni poco simpatici che coprono alla nostra vista il Marmagna e l’Orsaro, l’orologio tiranno, fanno si che si possa lasciare poco tempo alla poesia e alla sosta rigenerante e si debba cominciare a scendere. Dovremmo fare abbastanza presto, la strada non è tanta e soprattutto è in discesa. Non ricordo difficoltà terribili….
Intanto che gli amici si preparano do una occhiata in giro per trovare la migliore via di discesa. Vedo bene il sentiero che dovremo seguire. Per prati morbidi e muschiosi lo raggiungo facilmente.
In pochi attimi sono sceso parecchio. Gli amici sono dei puntoli vocianti la sopra. Faccio segno dove passare e li aspetto in punto comodo per tutti.
Riunito il gruppo partiamo per la discesa.

Il single track è davvero divertente. La tracciola è ben evidente, impegnativa quanto basta per dare un po’ di pepe alla discesa, ma niente di particolarmente crudo.
Vado avanti seguendo la traccia e i segni sugli alberi e sui sassi.

La segnaletica non è numerata, non ci sono cartelli esplicativi, e i segnavia sono assai sbiaditi e non eccessivamente evidenti. Per noi che siamo in bici sono difficili da vedere e seguire. Non essendo assi della mtb dobbiamo tenere gli occhi sul sentiero per non rischiare cadute poco simpatiche…
Ma anche per l’escursionista scarponi-dotato, in caso di nebbia la discesa potrebbe presentare qualche problema.
La discesa continua bene…Qualche centinaio di metri e mi fermo a riunire il gruppo…
Fino a che entro in un gruppo di alberi con molta rottura di legna per terra.
Il sentiero non presenta curve….la traccia nemmeno, ma istintivamente seguo il sentiero più largo che piega leggermente a destra e fa un tornante proseguendo in senso opposto alla nostra direzione.
Non “mangio la foglia” immediatamente. Un po’ il ritardo del segnale del navigatore, un po’ che vedo la traccia bella dritta sempre davanti a me (i sentieri sono quasi sovrapposti al netto della quota) mi accorgo troppo tardi che siamo fuori traccia. Non ci sono nemmeno più i pochi segni CAI…
Mi consulto con Duccio che ha il navigatore sulla via migliore da seguire. Lavorando sulle cartine del Garmin vedo che possiamo rimetterci in traccia più a valle tagliando il pendio.
La cosa migliore sarebbe risalire spingendo il paio di tornanti e riprendere il sentiero…ma possiamo farcela anche così…mal che vada finiamo a Monchio.
Cominciamo così l’inseguimento della traccia per sentieri successivi.
Un po’ scendiamo un po’ traversiamo. La traccia originale sembra fuggire, sembra scappare.
Quando sembra alla nostra portata, il nostro sentiero devia quel tanto che basta…
Poi le tracce diventano parallele…
La nostra non è una discesa ma un susseguirsi di traversi con parecchi passaggi fangosi in buche
generate da trattori e dalle moto…Strappi cattivi (anche se brevi) stanno minando il nostro morale.
Il vociare delle ragazze  è calato di volume. Un po’ la tensione un pòla stanchezza, un po’ l’incertezza fanno si che le conversazioni si svolgano tra Duccio e me, per la consultazione delle mappe.
Ormai ci siamo, la traccia è appena li, anche ingrandendo la scala del garmin, sembra che siamo a pochi metri,
siamo sulla ippovia (segnata in giallo-blu e cartelli rossi…un po’ sbiaditi). Arriviamo ad un grande bivio…trivio…incrocio stradale…. La via che dovremmo seguire presenta uno strappo cattivissimo sulla nostra sinistra. Il morale della truppa è basso e la voglia di salire non è al massimo….cosa ce ne saranno ancora di strappi del genere da fare?
Con Duccio mettiamo in pista altre alternative…
Vediamo che se proseguiamo in un certo modo dovremmo approdare poco sotto il Ticchiano dalla parte di Monchio…
Ok, dal passo del Ticchiano fino a Casarola, poi, è tutta discesa….
Vada per di qui…
Risollevato il morale generale continuiamo la nostra discesa.

La tranquillità dura poco. Dopo una pozza enorme in cui entrando rischio di affondare miseramente (come la C.Concordia davanti al Giglio) si presenta ancora un incrocio da nervoso.
Purtroppo il gps ha un difetto terribile. Quando ti fermi la mappa gira a piacimento suo…e diventa difficile capire bene la strada da prendere. La nostra traccia è lontana e inservibile….
Ci accorgiamo troppo tardi che abbiamo preso la via sbagliata….

Stiamo scendendo troppo e troppo velocemente….

Sotto di noi Monchio delle Corti appare nettamente…
Sbuchiamo in un piccolo nucleo abitato davvero carino alla periferia del paese….e quando arriviamo in strada la segnaletica stradale ci segnala km1…della via Monchio-Corniglio.

Arrivare al Ticchiano mancano un bel 5 km….
Iniziamo la lenta risalita su asfalto. Le gambe cominciano ad accusare la fatica.
Duccio imperterrito mi descive la strada che conosco poco….sembra bel riposato e tranquillo.
Le ragazze salgono un po’ più lentamente ma salgono.
I nuvoloni maligni che prima avvolgevano il Marmagna e l’Orsaro si sono spostate sopra Monchio e comincia a cadere qualche gocciolina. Ora, che a quest’ora si annuvoli è abbastanza normale…ma che piova quando le prev davano cielo assolutamnente terso, mi sta un po’ in quel posto. Ci mancherebbe solo questo….
Fortunatamente è solo qualche goccia che ci rinfresca un po’….
L’umidità è degna della pianura padana.
I km sono pochi ma non si arriva mai. In realtà non c’abbiamo messo una vita….ma la tensione e la voglia di arrivare provocano la sensazione terribile della dilatazione del tempo.
Duccio e d io arriviamo al Ticchiano qualche minuto prima delle ragazze, che arrivano con Flora che mi “giacca” orribilmente per non averle aspettate….
“Ma vi sentivo chiacchierare!” mi giustifico timidamente….
Avrei voglia di prendere il sentiero per Ballone e rientrare di la…ma l’ora ormai tarda e la stanchezza generale mi fanno optare per una veloce discesa per strada. Per oggi di avventure ne abbiamo avute abbastanza….

Dal passo del Ticchiamo a Corniglio non è tutta discesa, ma ce n’è tanta,
alla fine facciamo abbastanza presto e anche se l’ultima salita (quella per arrivare al Centro Parco) ci pare durissima, alla fine siamo alle macchine. Mtb e bikers sono indecentemente sporchi…un bel gruppo di cinghiali !! nella nostra migliore tradizione.
Carichiamo in macchina Mtb e bikers e ci lasciamo dopo i necessari saluti, baci e abbracci…
(giuro…Duccio l’ho solo salutato…niente baci)
Ma per me l’avventura non è ancora finita…
Devo vedere se riesco a recuperare il Garmin che Danilo a perso stamattina..
Sivizzo è proprio li dietro….
Parcheggio la macchina dove non da fastidio e lascio Flora di guardia.
Parto di passo svelto e un po’ di corsa….Passo il primo guado, il secondo, la salita….ed ecco il sasso dove Danilo ha rotto il forcellino. Guardo e frugo, li intorno…niente….
Vado avanti un po’…ricerco e rifrugo….niente.
Sarà passato qualcuno e vedendolo avrà pensato….questo è mio….
Con questi pensieri mi accingo a rientrare alla macchina. Continuo a non togliere lo sguardo da terra…e vedo un robo strano per terra….è il Garmin di Danilo…ormai scarico….
Tutto è bene quel che finisce bene….
La giornata era cominciata assai male….e per fortuna è finita assai bene….Alla fine abbiamo fatto un bel giro, il collo fa male fino la e abbiamo ritrovato il navigatore….
Telfoniamo la lieta novella al fratello preoccupato e ci avviamo verso casa.

Abbiamo una fame blu…. 

martedì 9 settembre 2014

Mosè

Pubblico volentieri un'altra pagina del nostro "viaggio" da Roma al GSB. Il tratto descritto va da Garlasco a Vercelli. Questo "tappone" comprende 3 tappe "ufficiali". Garlasco-Mortara, Mortara -Robbio, Robbio-Vercelli. Anche questo tappone è interamente pianeggiante e, a recupero di tempo, lo percorriamo in mtb. Le mtb ci hanno permesso di percorrere velocemente queste tappe pianeggianti, tra le risaie e la campagna lombarda che finisce in Piemonte. Apparentemente poco significativa anche questa giornata ci riserva un momento davvero commovente ed intenso...Non ci siamo mai fatti mancare nulla!!

Zanzare e caldo non ci hanno disturbato il sonno.
L’aria fresca del mattino ci trova pimpanti e pronti alla colazione.
Non siamo stanchi, non ci stiamo annoiando, ogni giorno vediamo cose nuove, incontriamo persone diverse.
Viviamo le giornate intensamente, cercando di assorbire il meglio che ci viene offerto.
Siamo contenti e felici.
Stiamo vivendo un momento veramente bello.
La nostra testa è libera da pensieri e preoccupazioni.
In queste condizioni tutto il corpo funziona che è una meraviglia.
Tutto questo giro di parole serve unicamente a giustificare le nostre abbondanti colazioni del mattino.
Ci svegliamo con una gran voglia di andare… e con una gran fame.
Appena desti, ancor prima di guardare fuori dal finestrino del mezzo, cominciamo a progettare la colazione…
Dopo di che si può cominciare a prefigurare la giornata.
In realtà c'è poco da progettare… bisogna andare e basta. Ma a noi piace comunque fare progetti, ipotizziamo di arrivare in quel posto a quell’ora, pranzare (e dai col cibo) in quel paese,  il caffè in quell’altro e così via…
In questi giorni in bici chiacchieriamo un po' meno del solito (ci manca VilFred) e Flo non riesce a cantare…Passiamo più veloci e perdiamo qualche particolare, ma almeno facciamo della strada.
Questa pianura ha un suo fascino, ma sembra non finisca mai, è sempre tutta uguale…
Con oggi dovremmo arrivare a Vercelli.
Poi una tappa a piedi e un’ultima doppia tappa in bici da Santhià ad Ivrea… che è molto corta… vorrà dire che ci riposeremo prima di affrontare la Val d’Aosta.

Terminati tutti i riti di creme e cremine antisole, un ultimo saluto al Westf e a VilFred, che mugugna un irritato saluto, e partiamo.
Poche pedalate e siamo fuori Garlasco.
Poche pedalate e siamo immersi nella campagna.
Poche pedalate e siamo in mezzo alle risaie.

Notiamo con vero disappunto che in mezzo a questo labirinto di vasche d’acqua non c’è uno straccio di segnale che indichi la via al pellegrino.
Noi abbiamo il nostro preziosissimo Pino che ci guida con precisione, ma se non lo avessimo saremmo costretti ad optare per la statale che va a Mortara.
Chiamare campo una risaia non si può. Una risaia è una risaia e basta (come Rinaldo).
Le risaie,  per noi che non le conosciamo, sono tutte uguali. Vai , vai, vai e sei sempre lì.
Sei sempre sul ciglio(?), argine(?) di quella stramaledettissima risaia che non ne vuole sapere di spostarsi.
Le risaie sono dei grandissimi rettangoli,  e ci si sposta sempre per angoli retti. Il percorso che ne risulta è una curiosa scalinata che vaga per la pianura. Vai vai e sei sempre lì.

I chilometri passano, è vero… ma ti sembra di essere sempre nello stesso posto.
Dopo un po’ di tempo, cominciamo a valutare alcuni particolari che ci sembrano importanti. Teniamo bene presente un riferimento fondamentale: la statale, che corre là in fondo…
Se dovessimo avere un guasto a Pino, dovremmo buttarci sulla statale o pedalare paralleli ad essa.
Aver trovato un riferimento sicuro è una bella vittoria.
Poi cominciamo a notare che anche che le risaie non sono tutte uguali, e soprattutto non sono tutte allo stesso livello. Sono a scalare: quella più in alto versa l’acqua in quella più bassa e così via.
E il riso non è tutto alto uguale.  In alcune vasche è praticamente appena spuntato, in altre è già bello alto.
Non riesco a collegare bene l’altezza del riso con la quantità d’acqua…
Ma è noto che come contadino valgo assai poco… poi a me il riso piace soprattutto nel piatto.
E così pedaliamo in mezzo a questa natura addomesticata dall’uomo.  Canali e canaletti convogliano l’acqua da una risaia all’altra.  Complessi sistemi di chiuse e stramazzi dividono l’acqua dei canali.
Questo intrico di coltivazioni richiede un'opera di ingegneria idraulica non indifferente.
Case poche, incontriamo qualche grande corte ogni molto.
Ci colpisce anche il tipo di terreno,  sabbioso, molto sabbioso. E’ vero che il Po non è molto distante, ma non mi sarei mai aspettato di trovare tanta sabbia. Nella sabbia le nostre ruote sprofondano ma avanzano e i tasselli  dei copertoni, che tanto ci penalizzano su asfalto, qui aiutano molto.
Con fatica, ma avanziamo.
Improvvisamente, da dietro un filare di pioppi ci appare un pezzo di Goldrake.

“Lame rotanti! Alabarda spaziale!”
“Va bene che il sole picchia, ma le allucinazioni alle 10 del mattino…”
“Eppure… quelle cose sono le lame rotanti di Goldrake!”
Flora scuote il capo… e meno male che non c’è VilFred…
“Allora cos’è quel coso lì che sembra un pezzo transformer di Ufo Robot?”
Ci avviciniamo e scopriamo tutto.
E’ un normale trattore,  ma ha delle ruote stranissime. Sono molto alte, strettissime, completamente metalliche e soprattutto, invece del tradizionale battistrada, hanno delle enormi punte metalliche come dei rostri. Probabilmente servono per muoversi dentro il pantano sabbioso delle risaie senza sprofondare e senza rovinare il coltivato.
Il nostro Goldrake da risaia sta tentando di scendere da un rimorchio, ma la grande ruota dentata è uscita dalla guida. Per farla rientrare l’autista sta letteralmente distruggendo il rimorchio. Il rumore di ferraglia è grande. Il rimorchio urla ad ogni manovra del trattore…
“Ma se si trasformasse in Ufo Robot e prendesse il volo, non farebbe prima?
Noi non lo andiamo a raccontare in giro di sicuro...
Non diremmo a nessuno che Goldrake si nasconde in una risaia sotto mentite spoglie di comune trattore...”
Dopo questa ultima uscita Flora, nell’impossibilità di rincorrermi, mi manda direttamente a quel paese.

E intanto arriviamo a Mortara.
Facciamo una breve sosta in tabaccheria. Mi mancano le batterie per Pino… non vorrei mai rimanere senza guida nel mezzo della piana zeppa di risaie… tutte rigorosamente uguali!!!
Ne approfittiamo per un “gratta e vinci” e un “superenalotto” per i “non si sa mai”. Vincessimo qualcosa di interessante… andremmo diretti fino a Santiago… e poi a Canterbury, e poi… dove ci portano le gambe.
Sulla strada per Robbio incontriamo qualche segnale VF.  Non esageratamente… ma quanto basta.
La cosa ci rincuora tanto.
Tra Mortara e Robbio il paesaggio cambia poco, il terreno cambia niente, risaie erano e risaie rimangono.
Fortunatamente non siamo ancora stati attaccati dalle zanzare… ma è mattino presto e, probabilmente, dopo il duro lavoro notturno, anche le zanzare riposano un po’… bene….approfittiamone per fare della strada.
Senza colpi di scena degni di nota arriviamo a Robbio.
C’è il mercato. Ci parcheggiamo nel parco della stupenda chiesa medioevale e, anche se è ancora presto, consumiamo il nostro frugale pasto sotto un' ombra ospitale.
La chiesa è veramente bella, peccato che sia chiusa.




Lì vicino c’è una scuola. Da cui provengono ululati di ogni genere, volume e tono.
“Ma è una scuola o uno zoo?”
“Uno zoo!”
risponde acida Flora.
Cerco di essere un po’ più comprensivo e ripenso a quando andavo a scuola… con ogni probabilità anche noi ululavamo in questo modo… anche peggio, forse.
Non riesco a riproiettarmi in quei momenti in qualità di spettatore. Ne abbiamo fatte di ogni anche noi…
Una volta abbiamo fatto paracadutismo uscendo dalla classe per la finestra (piano rialzato) per andare a vedere la partita di pallavolo in palestra (tutti sospesi il giorno dopo); un’altra volta abbiamo fatto un tale casino in classe che la prof di diritto era una vocina stridula in un sottofondo di urla, versacci e boati (sospesi anche questa volta).
Decisamente non eravamo tenere educande! Forse la differenza sostanziale era che allora in classe non girava droga, non si picchiava nessuno, non si rubava nulla (cosa c’era da rubare?… non avevamo niente), facevamo solo rumore.
Il caffè lo prendiamo al bar, in un baretto piccolo piccolo di un ex maestro di sci.
Un maestro di sci a Robbio?… Che la massima salita è il ponte sul canale?
Mentre sorseggiamo l’ottimo liquido nero facciamo due chiacchiere e parliamo di neve, e cime da 4000…
Con questo caldo ci voleva proprio.
“Ma guarda te… Di’… non sarà mica anche lui...”
“Noooo, ma dai… sei ossessionato dagli ispettori!”
“Secondo me adesso, come giriamo l’angolo, smonta tutto l’ambaradan e torna in ufficio.”
“Ma daiiii!!!!”
“Si si… sono sicuro… era troppo a modo e troppo alpinista per fare il barista a Robbio. E' un ispettore AEVF!”
Mentre mi rimetto il casco ricevo  la giusta carica di nomi dalla moglie, ma con la coda dell’occhio osservo i movimenti del barista/ispettore.
Partiamo, facciamo un centinaio di metri e, fra gli insulti di Flora, torno a vedere se sta già smontando tutto…
Ma deve aver capito i miei sospetti e, quando mi vede, mi saluta sornione da dietro il banco.
“Eppure...”
Scuoto la testa e raggiungo Flora.
Ripartiamo alla volta di Vercelli.
Robbio è un piccolo paese, e così come siamo entrati, ne usciamo, senza accorgercene.
Siamo di nuovo immersi nelle risaie, fagocitati dalla piatta campagna.
Tanti, tantissimi rettangoli d’acqua e riso, riso e acqua. Le verdi piantine spuntano timide dall' acqua ferma.
Noi pedaliamo sulle carraie che dividono una risaia dall’altra, ora su terra, ora su sabbia e terra, ora su sabbia…
Attraversiamo una strada asfaltata e ci immettiamo su una stupenda carraia ombreggiata che costeggia un canale di irrigazione artificiale.
Un attimo di frescura ci fa bene.
Attraversiamo un ponticello e la carraia diventa sentiero erboso… l’erba sempre più alta… si avanza con difficoltà.

“Pino mi dice per di qua..”
dico ad una dubitativa Flora.
In effetti Flo ha ragione, nell’erba non si distingue nulla che assomigli ad un sentiero.
“Ma non c’è alternativa, non abbiamo idea di dove siamo, e la traccia dice di qui...”
Tutto d’attorno non ci sono che specchi d’acqua, un canale sprofondato in una boscaglia di rovi non ci permette di andare a destra, le risaie immense a sinistra…
La sola possibilità è percorrere questa esile striscia di terra erbosa.
Imboscato nell’erba, tutto storto, scorgiamo un segnavia “ufficiale”. Ci conforta l’idea di non aver sbagliato…ma ci amareggia l’idea che il sentiero sia in queste condizioni.
Chiunque, sprovvisto di GPS, avrebbe desistito e sarebbe tornato sulla statale.
Poco più in là, l’esile lingua sabbiosa si allarga e pian piano ritorna ampio sentiero ed infine carraia.
E ci troviamo all’ingresso di Palestro.
Sembra di essere in un paese messicano di un film di Sergio Leone.
Sole a picco, nemmeno un anima in giro.
Ci manca solo Clint Eastwood col poncho ed il sigaro che va ad affrontare Ramon… come in “Per un pugno di dollari”…
“Al cuore Ramon!”
“Bang...”
E Clint si rialza…
“Al cuore Ramon!”
Che filmone…

Come arriviamo alle prime case sentiamo un forte e lungo lamento.
Un guaito?  Boh!
Un miagolio? No!
Il pianto di un bambino piccolo? Non mi sembra...
E’ comunque un grido disperato.
Non capiamo da dove arrivi… ogni tanto sparisce come inghiottito.
Flora è agitata e spaventata: qualcuno è in difficoltà… è un lamento disperato… e chi lo emette sta finendo le energie.
Un paio di pedalate e il lamento sembra allontanarsi…
Non ce la sentiamo di andare avanti facendo finta di niente, la nostra coscienza non ce lo permette.
Giriamo le bici e torniamo sulle nostre pedalate, lentamente, per capire da dove viene il lamento.
Ci avviciniamo ad un ponte su un canale di irrigazione…
Il guaito, ora lo capiamo bene, viene dal ponte.
Flora inizia ad urlare:
“Affoga, affoga!”
“Chi, cosa?”
non ho ancora realizzato bene.
“Il cane, c’è un cane dentro!”
Ora lo sento bene e ho anche capito cosa deve essere successo.
Flora ha buttato per terra la bici e si avvicina pericolosamente al canale…
Lancia un grido disperato…
Il cane le fa eco…
Butto la bici e corro ad afferrare Flora che si stava già buttando nel canale… appena in tempo. Altrimenti avrei dovuto soccorrere cane e moglie.
“Lì, lì, guarda lì, poverino… ti prego prendilo!”
Non vedo ancora niente.
Guardo l'acqua del canale, che sbatte contro una chiusa nei pressi del ponte per poi passare dentro una grata, formando una piccola cascatella.
Dopo un attimo, dal folto strato di porcheria che copre il pelo dell'acqua spuntano un naso, e due occhietti pieni di terrore.
Gli occhietti mi implorano. Un gemito a fil di voce mi dice che il proprietario del naso e dei due occhietti è arrivato al limite delle forze.
Fortunatamente è nei pressi della chiusa… con le zampe appoggiate alla chiusa riesce ancora a tenere il naso fuori dell’acqua, anche se completamente immerso nel fogliame e nella porcheria accumulata dallo sbarramento. L'acqua lo spinge con forza contro la grata, e sembra veramente stremato.
Dovrei arrivare a prenderlo senza entrare in acqua…
Cercando di mantenere calma la moglie, che sta rischiando l’infarto, mi avventuro sul bordo della chiusa.
Mi inginocchio, con una mano mi tengo saldamente al metallo e con l’altra mi allungo verso il cane.
Ho paura che nella sua disperazione il cane mi morda… ho comunque tenuto i guantini da mtb…
Mi allungo tutto il possibile e riesco ad afferralo per una zampa.
Si lascia prendere…
I suoi occhi mi guardano…
Non dimenticherò mai quello sguardo... Giuro, mi ha detto “Grazie… ti voglio bene.” Giuro…
Non riuscirei mai a sollevarlo in quel modo però…
La mia mano corre lungo la zampa e arriva alla spalla. Spostandomi sul bordo della chiusa riesco a trascinarlo verso riva, fino alla portata delle mani di Flora che lo aspetta piangendo…
Sicuramente gli sto facendo male… e non poco… ma non protesta, non morde… ha capito bene.
Continuo a vedere i suoi occhi stanchi e il musetto pieno di porcheria…
Finalmente Flora riesce a prenderlo bene.
Scendo dalla chiusa e riusciamo a tirarlo su…
Ma come lo mettiamo a riva, il nostro amico peloso comincia a correre in tondo, naso a terra.
Non capisce più niente…

Un attimo, e rischia di andare sotto una macchina.
Non sa più dov'è… O ha perso l’orientamento (probabilmente perché è caduto in acqua molto più a monte) oppure l’abbondante acqua sporca e lo spavento hanno danneggiato il suo apparato di fiuto.
Non è un randagio, è bello grasso… ma gira in tondo come un matto.
Se lo lasciamo così, non muore nell’acqua ma investito da qualche auto…
E’ necessario trovare il suo padrone… o comunque una sistemazione…
Flora si è ripresa, ha asciugato le lacrime ed ha riacquistato lucidità…
E qui inizia il suo personalissimo show.
Non l’ho mai vista così determinata,  sicura e grintosa.
Chiediamo a qualche abitante delle case lì intorno se conoscono il cane e il suo padrone… niente, nessuno sa niente, nessuno ha mai visto… mi ricorda molto una Sicilia particolare…
Per prima cosa Flora “cattura” una ragazzina che passava di lì e la coinvolge nella ricerca del padrone del cane. Poi, chiama il 112. I carabinieri le danno il numero del consorzio preposto a queste situazioni…
A sua volta, l’organismo preposto dice che è necessaria la richiesta dei vigili urbani.
Flora telefona ai vigili…
I vigili di Palestro fanno un po’ di storie… (ma i vigili urbani servono solamente a dare le multe per divieto di sosta?)
Flora è inferocita, e si fa accompagnare dalla ragazzina all’ufficio dei vigili urbani.
Lasciato solo col cane, mi siedo all’ombra.
Il cagnino è scosso… non riesce a stare fermo… si lascia fare un po’ di coccole, poi si alza, fa un giretto… poi torna lì, si accuccia, mangia un po’ d’erba… poi ricomincia… giretto, cuccia, erba…
E’ molto provato… gli faccio a pezzetti una barretta, dei crackers… ne mangia un po’, poi ancora giretto, erba e cuccia…
Un disastro… Intanto sono lì da solo… col cane e senza moglie… sotto il sole…
Il tempo passa… Vercelli non è lontana, ma insomma bisognerebbe anche andare…. e noi non possiamo prendere su il cane…
Qui bisogna risolvere… e non si vede nessuno…
Bella situazione…
Dopo un bel po’ ritorna Flora con la ragazzina. Se possibile, è ancora più inferocita di prima…
“Cosa è successo?”
Mi dice cose… che è meglio non ripetere.
Pare che abbia litigato con la vigilessa al front office dei vigili, minacciato denunce, sbattuto porte, urlato come una matta, fino a quando il capo dei vigili, preoccupato di tanto frastuono, non è intervenuto personalmente con la promessa di un intervento immediato.
E mentre Flora, ancora alterata, mi racconta tutto, in effetti arriva il capo dei vigili. Per telefono si accorda con l’organismo preposto alla custodia dei cani dispersi… ma ancora per qualche ora non interverrà nessuno.
E cosa facciamo col cane?
Il vigile ha paura dei cani e non lo vuole caricare in macchina, nemmeno quando Flora si offre di salire con lui… poi, dice, non hanno il posto per tenerlo… e allora?
La mente di Flora lavora a 2000…
Sempre più inviperita, si avventa sul campanello della villa delimitata dal muretto dove sono stato appoggiato fino a qualche minuto prima…
La villa ha un grande cortile, un grande piazzale e dei capannoni adiacenti.
Da un capannone esce un omone dallo sguardo austero ma dalla voce buona.
Flora gli spiega la situazione… bisognerebbe custodire il cane appena salvato, per qualche ora…
L’omone guarda il cane… e ci spiega che anni prima anche uno dei suoi cani era morto affogato nella roggia.
Sorride al cane e lo fa entrare.
Prende accordi col vigile… che provvede a scappare subito.
Flora non finisce più di ringraziare l’omone e la ragazzina che l’hanno aiutata a sistemare il cane…
Ma non possiamo continuare a chiamarlo cane… e lo battezziamo così, su due piedi… Mosè… mai nome fu così appropriato.
Stiamo per partire… Flo riscende dalla bici e torna ad abbracciare Mosè, e ringrazia ancora il gentile e premuroso omone che ha già provveduto a dar da mangiare al cane.
Ci facciamo dare anche i numeri di telefono per sapere poi come è andata a finire…

E lasciamo Palestro...
L’adrenalina di Flora è alle stelle… non l’ho mai vista così vitale.
Pedala come non mai.
Saliamo su un lungo argine e per ampia carraia ci avviciniamo a Vercelli. Da lontano, cominciamo a vedere la cupola della cattedrale.
Seguendo le indicazioni di Pino arriviamo dritti dritti nella piazza principale.
Qui si ferma la nostra traccia…
“Sì ok… Ma ci aspettano all’ostello di Biliemme!”
“Cosa sarà Biliemme?”
Io non ne ho idea.
Le persone che ci hanno contattato ci hanno garantito che “basta chiedere di Biliemme e chiunque vi indirizzerà al posto giusto”
Siamo al centro della piazza.

Cerchiamo un “sig. chiunque” a cui chiedere di Biliemme.
Ci sono solo due netturbini che stanno pulendo.
Chiediamo a loro.
Alla nostra domanda i due si mettono a ridere di gusto.
Flora ed io ci guardiamo interdetti… vuoi vedere che ci tocca litigare ancora?
Flora è già pronta ad estrarre unghie e denti… abbiam fatto 30… ci vuol poco a far 31…
I due ridono un po’… poi ci dicono che è un po’ difficile da spiegare… ma il caso è curioso, in quanto uno dei due… ci abita… proprio lì, a Biliemme.
Io penso “sarà un quartiere”
Come farebbe altrimenti a sapere dove dobbiamo andare noi?
Gli rispieghiamo che dobbiamo andare all’ostello di padre Alberto a Biliemme.
E i due ridono ancora…
Quello più alto ribadisce che ci abita, e ci conferma di aver capito bene.
Ci spiega come arrivarci e ci da appuntamento a più tardi.
Non ci resta che salutare e provare ad arrivare a Biliemme….
Non ci siamo arrivati proprio subito, abbiamo dovuto chiedere un altro paio di volte, ma alla fine siamo arrivati.
E qui ci troviamo nella solita situazione… Nessuno ha lasciato detto nulla, nessuno sa niente…
Il prete non c’è…
“Cosa facciamo? Boh!”
Aspettiamo un po’… ma dobbiamo andare in stazione a prendere il treno per Garlasco…  speriamo di non perderlo…
La fortuna ci aiuta ancora una volta. Poco dopo arriva il ragazzo della piazza. Con lui ci spieghiamo un po’ meglio… recupera le persone giuste e grosso modo ci fa accomodare.
Possiamo mettere le bici al sicuro…
Il ragazzo ci spiega come arrivare in stazione. L’autobus passa proprio lì davanti… e va dritto in stazione…
Autobus arriva… autobus preso… anche se non abbiamo il biglietto!
L’autista, gentilissimo, non ci manda giù e ci concede di pagare il biglietto in stazione, a corsa finita.
Infatti, arrivati in stazione, aspetta a ripartire che io sia corso in tabaccheria  a fare il biglietto.
Nel frattempo Flo è schizzata in stazione a fare i biglietti e a vedere l’orario dei treni.


Uffa... che giornata!!!
E non è ancora teminata!
Alla faccia di tutti quelli che dicono: “Bella forza… avete il camper…!”
Finalmente tiriamo il fiato…
Intanto che siamo lì ad aspettare il treno, decidiamo di telefonare ad un personaggio misterioso: “l’esperta camminatrice e persona squisita”, così l'ha definita Sireva, Palmira Orsières, che ci accompagnerà nel tratto della Valle d’Aosta.
Nelle mail che avevano preceduto la nostra partenza, Palmira veniva citata come personaggio importantissimo nell’ambito della manifestazione Europa-Compostela…
Diciamo che, per la mia discreta esperienza di grandi montagne, e per le mie qualità di podista, mi ritengo un ottimo ed esperto camminatore ed escursionista, attrezzato di tutto punto, e quindi non ho paura di niente…
Sono esperto camminatore ma non certo persona squisita, effettivamente, e quindi mi sento un po’ sminuito.
Tutto sommato la Vallée la conosco abbastanza bene… le valli le ho percorse quasi tutte… ghiacciai, creste, rocce e roccette… Cosa avrà più di me Palmira? Sarà forse una parente di Renato Chabod, o di Abele Blanc?
In ogni caso, nonostante le mie perplessità, dobbiamo contattarla per prendere accordi per il passaggio in Val d’Aosta e l’arrivo al GSB.
Nei giorni scorsi non era possibile contattarla perché impegnata in un altro cammino.
La mia curiosità di conoscere questa fantomatica Palmira cresce. Decidiamo di provare a contattarla adesso.
Solitamente questi contatti li tiene Flora, ma ora è veramente stanca, lo stress dovuto al salvataggio di Mosè l’ha stremata.
Il compito di contattare Palmira è mio…
Sono stranamente agitato, quasi emozionato… strano davvero.
Qualche squillo e risponde… La voce è molto pacata, molto normale (perché avrebbe dovuto essere anormale?), cadenzata e tranquilla. E’ la tipica cadenza di chi è abituato alle lunghe camminate nella tranquillità della montagna.
Non sono completamente al corrente di tutti gli accordi presi fra AEVF , Palmira e le varie associazioni valdostane, quindi sulle parole di Palmira annuisco e ringrazio. Per telefono non si vedono gli sguardi interrogativi, quindi faccio finta di sapere tutto e abbozzo.
Non ho capito niente ma va bene ugualmente (finalmente una rima!).
Saluto cortesemente Palmira… Palmira fa altrettanto con me… e finisce il primo round.
Flora mi chiede
“Com’è Palmira?”
“Normale...”
rispondo candidamente…
“Tutto qui?”
“Sì.”
“Ma avete parlato dieci minuti! Cosa ti ha detto?”
“Non ho capito un ciuffolo.”
Mi prendo la giusta dose di rimbrotti ma aggiungo:
“Dovevi parlarle tu… eh!”
L’arrivo del treno mi salva in corner…
Il viaggio per tornare a Garlasco è comodo e, una volta recuperato il Westf e salutato VilFred, tornare a Vercelli è un attimo.
Fortunatamente Flora ha memorizzato la posizione di Biliemme… e in poco tempo siamo lì.
Piazziamo il Westf nel cortile e chiediamo per dormire in ostello come ci era stato consigliato dagli amici di Vercelli. Non vogliamo offendere chi ci trasferirà il camper a Santhià.
Purtroppo però, invece dell'offerta richiesta solitamente ci viene richiesta una tariffa obbligatoria.
Non è tantissimo, ma a noi scoccia l’obbligo. Se tutti gli ostelli facessero così costerebbe meno andare alle Maldive che fare la VF. E non ci sembra bello.
Avremmo comunque lasciato un’offerta… ma la tariffa obbligatoria ci lascia l’amaro in bocca… tra l’altro da dormire l’abbiamo… e comodo…
Ci viene in mente Suor Livia ad Acquapendente, che all'offerta di Flora, due banconote, ne prese solo una dicendo “Non troppo cara, così è giusto...”
Fa niente…
Ci serve la corrente per le manovre di carico scarico dati GPS e per relazionare con AEVF…
Prendiamo contatto anche con gli amici di Vercelli per accordarci sul trasporto camper, orari ecc.
Quando mangiamo è veramente tardi. Intanto che prendo il caffè e fumo il sigaro arriva il prete con una macchinata di provviste.
Lo aiuto a scaricare e facciamo quattro chiacchiere. Poi la stanchezza si fa sentire e prendiamo velocemente la via del letto.
Un altro giorno è andato…
La sua musica finita…
Ora comincia la sinfonia del sonno profondo…
Flora ha appena toccato il cuscino e già dorme profondamente…

Per qualche minuto ascolto il suo calmo respiro…

Ho inserito su you tube un filmato che riassume la tappa raccontata qui sopra.
http://www.youtube.com/watch?v=84MXUv-bbvo