martedì 9 settembre 2014

C'erano una volta...le mondine

Riporto un altro passo del viaggio tra Roma e il Passo del Gran S.Bernardo.  Sempre per acquistare tempo abbiamo percorso una tappa doppia in bicicletta. Da S.Cristina a Pavia e da Pavia a Garlasco.
Per capire meglio il pezzo è da precisare che VilFred è il bordone benedetto che dovevamo trasportare fino al GSB.   SIREVA è la sigla che racchiude le ragazze dell Associazione Europea delle Vie Francigene (AEVF) che facevano da collegamento fra noi e le istituzioni e i volontari che ci aiutavano per il trasporto del Camper da una tappa all'altra. Westf è il nomignolo dato al nostro furgone camper. Pino è il mio navigatore Oregon 300.  Un'altra cosa da precisare: ci siamo inventati dei personaggi fantastici che fungono da ispettori AEVF che sono dislocati lungo il percorso per controllare che noi si faccia le cose per bene.... 
Su you tube al canale di stefano alinovi ho pubblicato un piccolo filmato realizzato con le foto scattate durante la tappa ...a chi interessa....
c'erano una volta...le mondine (il video) 

L’aria è decisamente estiva.
Fino a qualche giorno fa dormivamo tranquillamente dentro il saccopeloso e anche ben stretti. Ora col  solo lenzuolino ho un caldo boia.
Alzo delicatamente la tendina per guardare fuori.
E’ ancora buio, il silenzio del paese è impressionante.
Non so che ore sono, so solo che ho caldo.
Con la massima cautela apro la tendina e calo la zanzariera.
Respiro un po’.
Non so come faccia Flora a dormire con questo caldo, poi quassù in mansarda la situazione è veramente torrida.
Muovendomi con attenzione scendo dal letto e apro anche la finestrella del bagno.
Circola un filo d’aria… meno male.
Non risalgo subito… siedo sul divanetto… che poi sono i sedili posteriori del mezzo, scosto il cumulo dei vestiti e  fisso nel vuoto, godendo quel filo d’aria fresca che la notte fonda ci offre.
Provo a focalizzare la situazione…
Non guardo nulla, davanti a me il buio.
Man mano che passano i minuti riesco a vedere sempre meglio… la vista ed il cervello si sono resettati e messi in fase; ora riesco a distinguere ogni cosa grazie agli spiragli di luce che filtrano dalle coperture dei vetri…
Intravedo le curiose forme delle borse piene di materiale, tutta la nostra roba… buttata lì in un qualche modo.
Quando siamo partiti da Roma avevamo tutto perfettamente in ordine…
Poi è stato sempre più il trionfo del caos…
Cerca, fruga, sposta, dividi, unisci, metti lì per oggi… poi lo mettiamo a posto…
E ciao bambina!
Normale.
Quant’è che andiamo?
Devo fare i conti e non ne ho voglia…
Mi sto divertendo… non ho nessunissima voglia di arrivare … andrei all’infinito.
Mi sto divertendo e rilassando…
Ogni giorno una piccola meta.
Ogni giorno una piccola vittoria.
Ogni giorno un’avventura.
Tutti i giorni ci avviciniamo alla meta, sempre più.
Poi dovremo tornare
Poi sarà finita.

Questo viaggio simbolico… come la vita…
Ogni giorno un problema da risolvere, ogni giorno un’avventura, ogni giorno diverso dagli altri…
E nello stesso tempo tutti i giorni uguali… uno dopo l’altro, ora dopo ora… verso la meta finale.
Poi stop.
Nessuno è più tornato a raccontare.
Ognuno si aggrappa alla sua fede per vivere  più serenamente il “suo” momento, quando arriverà.
Camminando… si impara a camminare…
Questa immagine continua a girarmi in testa.
Mi piace, dà l’idea.
Per lo stesso motivo mi spaventa un po’.
Il tempo trascorre veloce, di passi ne ho già fatti tanti.
Sto bene, sono felice.
Sto imparando qualcosa di nuovo e di bello ogni giorno.
Ho una nuova vita da vivere con Flora .
Flora mi vuole bene… e mi rende felice, mi fa sentire giovane e vitale…
Nello stesso tempo mi fa sentire molto vecchio.
Sento il salto generazionale, sento che ha un altro modo di affrontare la vita.
Ma mi piace provare ad unire i due modi di vivere per avere un risultato di grande valore.
Ma il tempo…
Già, il tempo…
Chi me lo rende il mio tempo?
Chi mi restituisce i giorni passati a correre in un paese assolato senza macchine... chi mi dà indietro quei pomeriggi interminabili passati a pescare nella “Fossa” con una canna di bambù, un amo e una manciata di vermi… i giorni della scuola elementare, col maestro che ci faceva scuola all’aperto, ci portava in gita in bicicletta, ci faceva fare ginnastica e giocavamo a pallacanestro… scandalo!!!
Le pescate di frodo nel fossato della Rocca di Fontanellato...
Le partite di calcio a Cannetolo… nella nebbia e nel fango, fino a buio…
Spalla cotta, fagioli e cipolle, malvasia fresca e spumeggiante, assaporata con gli amici all’osteria, raggiunta allegramente a piedi o in bici, unici mezzi di trasporto per slirati e sfigati come noi.
Il militare… le fughe dalla caserma per raggiungere la morosa… quella morosa che poi non era mica tanto convinta…
I figli…
Le gare di corsa…
Le mie montagne...
E la vita mi passa davanti agli occhi come in un film d’altri tempi.
Un kolossal che nessuno potrà mai vedere.
Un film che non potrà mai vincere un oscar, perché denso di sola normalità. Un film che avrò vissuto intensamente, al meglio di me stesso.
Ho sempre creduto in quel che ho fatto…
Non ho niente da rimproverarmi… se non col senno di poi… ma è un gioco facile… non vale.

L’intonato fischiare del merlo mi distoglie dai pensieri di questa notte infinita.
Il litigare di due gatti che si inseguono urlanti, il conseguente abbaiare nervoso di un cane, che non può uscire per rincorrerli e partecipare alla rissa… un auto che va… e ritorno al presente reale.
Il presente reale, è qui… dentro questo piccolo mezzo.
Una piccola donna, così importante, così fragile ma così forte da avermi saputo appassionare e trascinare in ogni genere di nuova folle avventura.
Ora è questa la mia vita, il mio presente.
Domani… vedremo… sarà un’altra avventura, vissuta con entusiasmo e passione…
Fin qui… tutto bene.
Stanco di questa inutile fuga nel tempo e nelle memorie, rinfrescato dall’aria di un’alba che tarda ad arrivare, risalgo con passo felpato e muovendomi silenziosamente mi sistemo di fianco alla piccola donna che tanto ha scosso la mia esistenza.
Non si sveglia… ma mi sente e si avvicina… cerca sicurezza? Non lo so…
So per sicuro che tiene tre quarti del posto letto del Westf e che io devo sempre restringermi e sistemarmi nel restante quartino.
Mi scappa da ridere…

Mi sveglio di soprassalto quando la sveglietta di Flo squilla, trilla, vibra… rompe le palle per dirla breve.
Il sole è già alto, ma il Westf è ancora in ombra.
Sotto quel che rimane dell’impianto “lenzuola” ci stiracchiamo come due gatti…
Due rapidi coccolini… poi “quella lì” salta giù e comincia a rognare che ha fame, che c’è da far colazione, che c’è da andare…
Si, va bene. Bisogna essere rapidi, ma calmi… Tranquillamente veloci… Rapidi e Potenti.
Sta mia far confusion, la maten bonora… ufffff !!!”
Qui la vita va così, c’è poco da dire e da fare e anche da brigare… c'è chi comanda e chi obbedisce.
A volte mi sento un po’ Garibaldi…
E sotto ai baffi, VilFred, se la ride.
“Ma cosa c’hai da ridere te?”
La colazione sul Westf è sempre un piacere…

Poi c’è da andare. Oggi si arriva a Garlasco, paese tristemente famoso.
Possibile che si parli di un paese solo quando ci sono disgrazie? Magari è un paese bellissimo, ma nessuno ne parla per secoli… Poi succede una disgrazia e la gente si ricorda di quel posto solo per quello.
Oggi dobbiamo arrivare a Garlasco… e ci viene la pelle d’oca.
Ma il 99,99999% della gente è brava e buona… però quella sensazione strana giù per la schiena rimane…
Potenza della televisione…
Ha ragione Flora… quando spengeranno il segnale analogico smettiamo la TV e non paghiamo più il canone…Basta, non se ne può più!!

“Beh!! Le bici sono pronte. Tu?”
“Sì, sì, arrivo!”
“Non lo so, io… è sempre in bagno!!!”
Mentre chiudo per bene il Westf e sistemo Pino sulla sua staffa, Flo fa una volata in comune a farsi fare il timbro sulla credenziale.
E’ lunedì mattina, ma la vita di Santa Cristina non è molto più agitata di ieri pomeriggio.
Poca confusione, forse è meglio così.

Guardo in giro se vedo i due bambini biondi di ieri sera… dovrebbero andare a scuola…
Bambini in giro,  pochi, e nessun biondo…
Ne sono sicuro… quelli di ieri erano angioletti assoldati da SIREVA…
(Ma se io dormissi di più la notte?)
Dopo le solite raccomandazioni al Westf (ormai siamo proprio andati) partiamo pedalando. Pochi giri di ruota e siamo fuori paese, in aperta campagna.
L’aria fresca ci aiuta, una delicata arietta solletica le braccia e le gambe, l’atmosfera è stranamente tersa, per essere una mattina tipicamente estiva in una zona tipicamente “bassa” come questa.
Mi aspettavo quella sorta di foschia impalpabile come nella “nostra bassa”.
Le montagne sono veramente lontane…
“Non ci sono più le stagioni di una volta!!””
“Per forza, son già passate…”
Questa volta Flo non può rincorrermi, sui pedali sono decisamente più svelto di lei…
Le ampie carraie e le strade bianche corrono svelte sotto le nostre ruote grasse.
I chilometri passano veloci.
Flora è bella riposata, si sente bene in sella e pedala allegramente.
Bene.
Ben presto ci rendiamo conto di essere in anticipo sulla tabella di marcia.
Bene, vorrà dire che ci fermeremo più spesso per scattare qualche foto.

La campagna ha colori e colture molti simili alle nostre, notiamo però che c’è un' infinità di grandi canali, spesso artificiali, che tagliano la terra e costeggiano le strade.
I poderi sembrano molto grandi, fra una cascina e l’altra c’è molta strada…
Da noi, i poderi sono sempre stati molto piccoli, e tra una fattoria e l’altra correvano poche centinaia di metri.
Ora molte case coloniche sono state abbandonate e i poderi accorpati… ma è un altro discorso.

Il fiume Olona scorre lento e pacioso. Uno sbarramento rende lago il piccolo fiume…
Non c’è anima viva. Non si vedono nemmeno contadini al lavoro. Boh!
Quando leggo il cartello esplicativo del fiume i miei pensieri corrono a quando mi appassionavo alle storie dei pirati e dei corsari… I romanzi di Salgari, il Corsaro Nero e il Corsaro Rosso...
Se non ricordo male fra i pirati c’era un tale detto l’Olonese.
Che venisse da Corte Olona, che abbiamo appena sfiorato poco fa?
“Ma no, era un francese!!!”
mi rimbrotta subito la neo moglie...

Davanti a noi, un’ampia macchia rossa richiama la nostra attenzione.
Non sono i papaveri ad infestare il frumento… bensì il frumento che infesta il campo di papaveri.
Non ne avevo mai visti così tanti...
Le tonalità di rosso variano in maniera gradevole e danno movimento alla massa colorata.
Non c’è un filo d’aria, ma sembra che la grande fascia rossa si muova come il mare al largo.
Aggiriamo una grande cava completamente accerchiata dai papaveri.
I campi aggrediti e feriti dai camion e dalle ruspe si tingono di rosso come a perder sangue da una ferita…


Stiamo andando bene… ma bene bene… tanto bene che a Torre de’ Negri sotto il cartello stradale con l’avviso di controllo elettronico della velocità faccio rallentare e fermare Flora… non vorrei che prendessimo una multa….
“Pellegrini in bici superano il limite di velocità: sequestrati i mezzi” sarebbe un bel titolo da quotidiano locale…  o da inserire sul prossimo numero della rivista “Via Francigena”.
Fotografo Flora sotto il cartello di una frazione chiamata “Santa Margherita” e la mando a… cantare.

Che siamo sulla strada buona ce lo dice una frazione di Belgioioso: San Giacomo.
Ci rifermiamo a fotografare una chiesa del XII secolo, chiaro esempio di arte lombarda, anche se del XII secolo rimane solo l’abside…
Poi via di nuovo, rapidi…
Il cartello “Pavia” ci spaventa un po’… già qui?
Palo… prima di arrivare in centro ci mettiamo un po’ di tempo.
Approfittiamo dell’anticipo per fermarci un attimo anche presso il complesso di San Lazzaro. Peccato che sia chiuso.
E’ ancora presto quando arriviamo davanti al Duomo di Pavia. Stanno addobbando la cattedrale, che riaprirà dopo i restauri. C’è troppa confusione. Ci fermiamo giusto il tempo di due foto frettolose.
E’ un po’ presto per mangiare…
Prima arriviamo a Garlasco, meglio è.
Dopo rapida consultazione, decidiamo di anticipare la sosta mensa.
Ci attrezziamo per il desinare appena di là dal Ponte Coperto sul Ticino, in un piccolo parco.
Nelle panchine accanto a noi c’è altra gente che pasteggia… qualche elegante impiegato in pausa pranzo, qualche studente, due amanti galeotti che si baciano appassionatamente sotto l’ombra complice.
Su quest'ultimo fatto spettegoliamo per bene.
Una giovane mamma dell’est siede il bambino sulla balaustra dell’argine e mostra al piccolo il lento andare del tranquillo Ticino.
E mentre sbocconcello pane e formaggio, tra un sorso e l’altro della birra fresca, rimiro la mia bici nuova… che bella!! ! Ho proprio voglia di metterla alla prova su terreno difficile.
Regaliamo un po’ di pane agli uccellini e ripartiamo…
La traccia ci porta proprio sul sentiero che corre a bordo fiume.
Bisogna scendere… ci sono delle ripide scale…
Per il pedone no-problem, ma per il ciclista… c’è da portar giù la bici a spalla.
“Ah Aaaah! Quale migliore occasione di provare il mezzo?”
“Quale migliore occasione per rompersi la testa?”
“Tranqui… tranqui… con questa bici non conosco ostacoli… spero.”
E mi butto… bene indietro, fuori sella…
La bici scende che sembra sul liscio.
Che meraviglia… e la sella è alta, non l’ho abbassata.
La forcella anteriore lavora che è uno spettacolo… la sospensione dietro è bella morbida che sembra di essere sulla terra battuta…

Mi bevo tutte e due le rampe…
Flora giustamente scende con la bici a mano.
Sento mugugnare la mia fedele Gigia (la Specialized), voleva scendere anche lei dalle scale… è un po’ invidiosa… ma anche più vecchierella e la forcella anteriore, pur validissima, ha una corsa molto più breve…
e le scale sono molto ripide e i gradini belli alti.
La traccia ci conduce su uno stupendo sentiero, lungo il Ticino, dentro un rigoglioso bosco fluviale.
L’ombra ci giova parecchio, la giornata è veramente calda. Qua e là ampie macchie a cespuglio ci fanno sentire il calore del sole…
Mi fermo un attimo per fotografare angoli nascosti e chiaroscuri stupendi… e anche per una veloce pipì.
Non l’avessi mai fatto!!!

Ho fatto i conti senza l’oste…
Eppure sono della bassa…
Ma questa non me l’aspettavo proprio… a quest’ora…
Come mi fermo vengo assalito da un' incredibile quantità di zanzare inferocite.
Non ne avevo mai viste così tante tutte insieme e così “assetate”.
Provo, senza risultato, a mandarle via.
L’unica soluzione applicabile è la fuga… e anche ben veloce.
Non ho tempo di risalire in bici in modo canonico…
Prendo una veloce rincorsa correndo e salto letteralmente sulla bici, iniziando immediatamente a pedalare furiosamente.
In pochi secondi mi hanno massacrato… e devo ancora fare la pipì…

Intanto, Flora ha iniziato un curioso siparietto telefonico con gli amici di Garlasco.
Non so se è stato per una strana combinazione di date e di eventi, o una cattiva interpretazione dello specchietto delle nostre tappe, fatto è che ci aspettano per domani... Ma noi domani dobbiamo essere a Vercelli…
Inizialmente sembrava che il problema potesse essere l’ora del nostro arrivo, troppo anticipato sul previsto…poi gira e rigira salta fuori che  hanno capito male il giorno…
Purtroppo non possiamo fermarci più del dovuto e soprattutto non possiamo tornare per la sera successiva…
Flora fatica a spiegarsi con la persona dall’altra parte del telefono…
Le telefonate si susseguono una dietro l’altra per una buona mezz’ora…
Siamo su un argine… al sole, nell’erba alta… e il telefono che squilla in continuazione…
Per fare un chilometro impieghiamo mezz’ora…
Ciao vantaggio.
Finalmente Flo raggiunge un compromesso accettabile con qualcuno del comune di Garlasco.
Continuiamo a pedalare sotto il solleone.
Davanti a noi appaiono le prime risaie, enormi bacini d’acqua bassa, decisamente rettangolari… tutte uguali, o quasi.

La variabile è il livello dell’acqua nelle vasche…
In alcune la piantina di riso è completamente sommersa, in altre spunta la cima delle foglioline, in altre ancora l’acqua è appena presente…
Il sole alto riverbera in modo fastidioso sull’acqua dandoci ancor più la sensazione di caldo.
L’umidità si percepisce a pelle.
Penso a tutte quelle ragazze che venivano a fare la “stagione” del riso per poche “palanche”.
Penso a quelle giovani schiene piegate sotto il sole, a quelle gambe immerse nell’acqua, con le zanzare a martoriare la pelle…
E lavorare ore e ore tutti i santi giorni…
Flora mi ricorda il coro delle mondine e i loro canti…
Ma, mi chiedo io, alla sera, avranno avuto ancora la forza per cantare?
Durante il duro lavoro, cantavano come gli schiavi neri nelle piantagioni di cotone?
Il capolavoro cinematografico “Riso amaro” ha fatto conoscere al mondo il lavoro delle mondine…
Ma penso alle ragazze dei primi del 900…
Giovani donne rese prematuramente vecchie dal lavoro della risaia… eppure facevano rissa pur di andare a fare la stagione, per portare a casa quei quattro soldi per raddrizzare il povero bilancio domestico.
Le mondine, che hanno ispirato, e continuano ad ispirare nel ricordo scrittori, pittori e musicisti, hanno rappresentato una novità dal punto di vista sociale ed economico per l'Italia dall'inizio del Novecento agli anni sessanta: erano donne che per la prima volta lavoravano fuori casa e che per la prima volta, slegate dai vincoli famigliari, potevano godere di una libertà mai conosciuta. 
La mia bisnonna, la mitica Rosina, era del 1886 .
Era una “benestante”, aveva un podere suo e lo coltivava col marito, due figliastri e quattro figli suoi.
Ma mi raccontava spesso di famiglie meno fortunate, che mandavano i figli come “famigli” (i famosi Famij da fagot) e di tante ragazze che all’epoca del riso partivano con la tradotta come i soldati e andavano a fare la campagna del riso.
Non capivo bene perché ero piccolo… ma spesso durante i racconti piangeva…
Mi piaceva la mia bisnonna perché mi raccontava tante cose… di cui non capivo molto, ma mi colpiva il suo modo di raccontarle, con passione, e sentimento.
Riviveva quei momenti e quei fatti con grande partecipazione.
Erano momenti durissimi… sono convinto che noi rammolliti non sapremmo sopravvivere a quelle situazioni.
Eppure quelle donne, col culo per aria e le gambe in acqua, fra le zanzare e le bisce, sotto il solleone, seppero sopravvivere, seppero ribellarsi ai soprusi, seppero vivere anche momenti d’amore.

Mentre Flo canta qualche pezzo della tradizione delle mondine, arriviamo a Garlasco.
Trovare piazza e comune è facile…
Telefoniamo per comunicare il nostro arrivo…
Siamo un po' guardinghi e diffidenti, vista la strana sequenza di telefonate di poco prima.
Chi ci riceve invece è estremamente gentile… ci fa mettere le bici al sicuro e ci offre acqua fresca.
Nella grande sala consiliare c’è bel fresco e stiamo bene.
Ci guardiamo attorno intanto che arriva il segretario comunale. E’ una signora decisamente simpatica e alla mano, molto cortese. Si scusa dei problemi sorti e della impossibilità di darci una mano…
Ci è veramente simpatica… è una mamma come le altre… e sta rubando del tempo alla sua famiglia per ricevere due pellegrini; e si scusa del poco tempo a disposizione…
Ci riporterebbe anche a Santa Cristina… ma prima deve andare a Milano a portare la figlia…
Abbiamo i treni relativamente comodi… approfitteremo di quelli.
Molto gentilmente ci fanno dono dei loro prodotti tipici… farina di mais e riso.
E ancora mi tornano in mente le mondine e il loro massacrante lavoro… Centinaia di giovani schiene piegate sull’acqua…
Artriti, artrosi, zanzare fastidiose… la pelle piagata e rovinata dal sole che riverbera impietoso sull’acqua malsana.

Dopo le foto di rito col sindaco, che gentilmente ci concede qualche minuto del suo prezioso tempo, risaliamo sui nostri mezzi a pedali e ruote grasse e cerchiamo la stazione.
Garlasco non è una grande metropoli e la stazione è subito lì…
Anche il treno non si fa aspettare.
Il trenino è proprio un trenino… a fatica issiamo le mtb. I larghi manubri faticano a passare per la porta… la saracinesca del portabagagli non si alza… siamo decisamente nei piedi alla gente che deve salire e scendere.
Fortunatamente dobbiamo cambiare a Pavia e non disturbiamo più del dovuto.
A Pavia dobbiamo aspettare la coincidenza e ne approfittiamo per un buon gelato.
Ci sediamo in un angolo, all’ombra, e senza perdere d’occhio le nostre preziose bici, ci guardiamo attorno.
Una rumorosa comitiva di giovani anglosassoni, decisamente ustionati da questo primo sole, occupano buona parte della stazione. Sono molto belli, molto atletici, molto biondi, e le ragazze davvero intraprendenti. E’ un po’ di tempo che non sono a contatto con i giovanissimi e ho perso l’abitudine ai cambiamenti di costume… mi sento davvero vecchio e invidio questi giovani ragazzi che hanno tanta abbondanza… quando ero ragazzo io per un bacetto c’era da patire dei mesi… e poi e poi.
Il capotreno del mezzo che ci riporterà a Santa Cristina è più fiscale del suo collega di prima e non ci vuol far salire dalle porte tradizionali.
Con grandi sforzi riesce ad aprire la saracinesca del portabagagli ed issiamo le bici. Poi la saracinesca non si abbassa completamente e la porta resta discretamente aperta. Sbuffa ed è arrabbiato, ma sull’orario, su internet, su dappertutto c’è scritto che è un treno che può portare le bici al seguito, per cui...
Ma per favore… anche a questo treno mancano solo gli indiani con le frecce e i banditi a cavallo e poi siamo nel Far West… mi aspetto di vedere Geronimo da un momento all’altro.
Guardo la mia bici nuova appoggiata in modo precario… e se si riga?…grrr..

Il viaggio in treno è velocissimo.
Raggiungiamo il nostro Westf a Santa Cristina, salutiamo VilFred che ci ignora sdegnoso e sistemiamo le bici su apposito portabagagli.
Accendo il mio personalissimo navigatore dotato di parola e canto e partiamo alla volta di Garlasco…
Non so cosa abbiamo sbagliato, non so quale circonvallazione strana abbiamo preso, fatto sta che giriamo parecchio attorno a Pavia prima di prendere la direzione giusta.
Quando finalmente approdiamo a Garlasco è quasi scuro.
Troviamo una piazzetta non lontano dalla stazione, molto tranquilla.
Uffa… anche oggi è andata.
Una bella cena, una buona bottiglia di vino fresco, un tiro di buon sigaro…

Domani… si va a Vercelli…



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